Cene in Pinacoteca: la toppa è peggio del buco!


Il sindaco Castelli e il prof. Papetti tentano di smorzare le polemiche parlando di regolamento comunale che consente simili eventi e sostenendo che la stessa cosa avviene in altre città d’arte. Ma la realtà, soprattutto nelle altre città, è decisamente differente…

Come era sin troppo facile immaginare, il nostro articolo sulla cena in Pinacoteca (“Dopo il terremoto ora per la Pinacoteca il rischio arriva dai nuovi Lanzichenecchi”) ha scatenato una serie interminabile di reazioni.

Visto il clamore che la vicenda aveva già destato sui social, anche gli altri organi di informazione locale sono stati praticamente costretti ad occuparsene. Sicuramente una cosa positiva perché è importante approfondire tutti gli aspetti di un argomento, l’utilizzo di determinati luoghi per cene e rinfreschi, molto delicato e che inevitabilmente vede posizioni molto differenti. Ci attendevano una replica e le precisazioni del sindaco Castelli (di certo non dell’assessore alla cultura Latini…) che puntualmente sono arrivate, unite a quelle del prof. Papetti che ha voluto dire la sua su un argomento così importante.

Esiste un regolamento che prevede un affitto per l’organizzazione di iniziative che siano coerenti con il prestigio della pinacoteca e di tutti gli altri luoghi cittadini – ha spiegato il sindaco Castelli – ad Ascoli stiamo assistendo a quello che avviene in altre città d’arte che permettono di organizzare iniziative di questo genere. Inoltre garantiscono risorse che l’amministrazione utilizza per la pinacoteca e per le opere d’arte”.

Io dico che oggi come ieri è una cosa normale – aggiunge il prof. Papetti – anche la Galleria degli Uffizi prevede questo genere di cerimonie. Naturalmente rispettando i regolamenti e le norme di sicurezza. Con la pinacoteca siamo molto attenti. Poi c’è l’aspetto economico. Da queste manifestazioni il Comune  ricava un introito. In occasione, ad esempio, della mostra di Bertozzi & Casoni (“Minimi Avanzi”) sono stati effettuati due banchetti: uno all’inizio e uno alla fine dell’esposizione. Questo ha consentito al Comune di risparmiare i 60.000 euro del catalogo”.

Si potrebbe discutere a lungo sul concetto di sacralità di certi luoghi dell’arte, su come non tutto debba necessariamente rapportato ad un discorso economico ma entreremmo in un campo particolare nel quale le differenti opinioni e i differenti modi di vivere e intendere la cultura avrebbero entrambi legittimità. E’, invece, importante andare ad analizzare nel particolare alcune delle considerazioni  del sindaco e del prof. Papetti che, sinceramente, appaiono delle autentiche forzature e poco attinenti alla realtà. Inutile nasconderlo, si avverte con chiarezza il sinistro rumore delle unghie sugli specchi, cosa che, sinceramente, ci aspettavamo dal primo cittadino, non nuovo a queste operazioni, un po’ meno dal prof. Papetti. Partiamo, innanzitutto, dal discorso relativo ai regolamenti.

Fatta la doverosa premessa che i regolamenti in materia non sono piovuti dall’alto, ma sono stati predisposti ed approvati dalla stessa amministrazione comunale (quindi non sono certo la Bibbia e possono anche contenere delle stupidaggini), è sicuramente vero che esiste un regolamento ed esistono anche delle tariffe per l’affitto di quei locali. Ma, come abbiamo già evidenziato e come si può leggere in tutti gli atti comunali in proposito, quel regolamento autorizza in quei locali coffee break e buffet che, evidentemente, sono cosa completamente diversa da una cena con una mega tavolata tra le opere d’arte, per altro con tanto di candele in tutti i tavoli.

Il sindaco, quindi, probabilmente non conosce a fondo oppure ha dimenticato alcune parti di quel regolamento che, pure, ha lui stesso approvato e che non sembrerebbe giustificare a pieno lo svolgimento di quel tipo di evento andato in scena in Pinacoteca domenica 17 dicembre. Andrebbe aggiunto che, in realtà, esiste un altro regolamento comunale (quello specifico per i musei) che vieta categoricamente (art. 19) di consumare bibite e alimenti all’interno dei musei stessi. E’ del tutto evidente che i due regolamenti sono in palese contrapposizione e contraddizione, quindi il primo cittadino prima di fare riferimento al regolamento comunale decida quale dei due ritiene corretto e cancelli immediatamente l’altro, per evitare un evidente e imbarazzante paradosso.

Non solo, Castelli parla di iniziative che “siano coerenti con il prestigio della pinacoteca”. Ma la festa di compleanno di un’imprenditrice ascolana (a novembre) può davvero essere considerata “coerente” con la Pinacoteca? E, in caso di risposta affermativa, i compleanni di quali categorie sociali possono essere considerati tali? Il compleanno di un operaio, di un disoccupato o di un precario, ad esempio, sono più o meno coerenti rispetto a quello di un’imprenditrice? Mettendo da parte i compleanni, che attinenza e coerenza ci può mai essere tra la Pinacoteca e la cena di Natale di un’associazione?

Nessuno vuole sminuire il ruolo e l’importanza del Soroptimist, ma è indubbio che di associazioni di ugual spessore ce ne sono numerose in città (e, per giunta, con quale criterio si può mai stabilire quale associazione che opera nel sociale può essere considerata piò o meno meritevole?). Allora se è lecito che la cena di Natale del Soroptimist (è fondamentale ricordare questo punto non secondario, non si è trattato di chissà quale iniziativa culturale o a sfondo sociale, quella di domenica era la tradizionale cena di Natale che svolgono tutte le associazioni, non solo che operano nel sociale…) si svolga in quel luogo dovrebbe essere consentito a tutte le altre associazioni cittadine di un certo tipo di organizzare cene del genere in Pinacoteca. Detto che per noi in Pinacoteca proprio non si dovrebbero svolgere eventi culinari, ben altro è comunque il discorso dei due banchetti legati alla mostra di Bertozzi & Casoni.

Possiamo capire e comprendiamo che quei due eventi fossero davvero coerenti con la Pinacoteca e con l’evento culturale che si stava svolgendo al suo interno. Ma non si può certo dire la stessa cosa di un compleanno o di una cena di Natale. Perché altrimenti, a meno che non si vogliano fare “figli e figliastri” e inaccettabili discriminazioni, bisognerebbe autorizzare ogni cena di compleanno ed ogni cena di Natale (o Pasqua o ricorrenze simili) di qualsiasi associazione. Con la conseguenza che il numero di cene in Pinacoteca si impennerebbe clamorosamente, cosa che di certo farebbe entrare nelle casse comunali molti più soldi (a proposito, perché il sindaco non ci spiega nel dettaglio come i soldi per queste cene sono stati concretamente utilizzati per la Pinacoteca e per le opere d’arte?) ma, al tempo stesso, esporrebbe le opere lì custodite a gravissimi rischi.

Perché è del tutto che evidente che le rassicurazioni del sindaco e del prof. Papetti possono avere un minimo di fondamento se le cene in Pinacoteca sono un evento raro, non certo se si moltiplicano. Magari il primo cittadino non ne avrà piena contezza, ma ci rifiutiamo di credere che il prof. Papetti non conosca tutte le controindicazioni e i rischi che, secondo tutti i manuali di conservazione dei beni culturali, determinerebbe il ripetersi di certi eventi in ambienti come quelli della Pinacoteca in cui sono custodite le opere d’arte. Ma ad essere determinante non è solamente il numero di eventi ma anche il luogo specifico in cui si svolgono.

In tal senso il sindaco gioca volutamente su un evidente equivoco, perché quando sostiene che questo genere di iniziative viene consentito anche in altre città d’arte d’Italia in realtà dice una mezza verità. Nel senso che è vero che cene, rinfreschi e buffet si svolgono anche in altri musei e strutture simili italiane ma, non come per è avvenuto nella Pinacoteca, nelle sale dove sono custodite le opere bensì in spazi appositi o in spazi aperti.

Anche in questo caso, però, stupiscono in particolare le dichiarazioni del prof. Papetti e quel riferimento assolutamente strumentale alla Galleria degli Uffizi che, secondo il direttore della nostra Pinacoteca, “prevede questo genere di cerimonie”. Perché cene ed eventi del genere nella struttura fiorentina si svolgono in ben altri ambienti e, a differenza di quello che è accaduto domenica 17 dicembre nella nostra Pinacoteca, assolutamente mai davanti alle opere d’arte, in una delle Sale rosse (che sono le sale dove sono custodite ed esposte le opere d’arte).

Basta guardare e paragonare le due foto qui pubblicate, quella di una recente cena a Firenze nel Cortile degli Ammannati, e quella di domenica scorsa alla Pinacoteca. Da una parte un ambiente aperto e tavolate ovviamente lontanissime da qualsiasi opera d’arte, dall’altra tavolini con cibo e candele in un locale chiuso, con quadri e opere d’arte praticamente a fianco. “Non ci sono mai stati e mai ci saranno cene davanti alle opere d’arte della Galleria degli Uffizi – assicurava un paio di anni fa il direttore del dipartimento architettura e allestimenti museografici della Galleria degli Uffizi Antonio Godoli – non è mai successo e non accadrà mai che si possa cenare nelle cosiddette Sale rosse”.

I fiorentini possono stare tranquilli, certi eventi sono compatibili solo in ambienti come il Cortile degli Ammannati, è folle anche solo pensare che si possano svolgere in una delle Sale rosse” sottolineava nel settembre 2016 il direttore della Galleria degli Uffizi, Eike Schmidt, dopo le polemiche scatenate dalla cena (che, appunto, si era svolta nel Cortile degli Ammannati) dalla Palazzi & Gas srl di Roma. Appunto una follia che, a differenza di quello che sostiene il prof. Papetti, non è e non sarebbe mai permessa a Firenze ma che, invece, si è perpetrata domenica scorsa alla Pinacoteca cittadina.

Uno scempio che si spera non si ripeta mai più, non ci interessa che il sindaco ammetta l’errore (siamo certi che ne è consapevole anche lui, al di là della sua improbabile difesa d’ufficio). L’importante è che non si debba più assistere a quella “cafonata pazzesca” rappresentata da quelle tavolate imbandite tra quadri e opere d’arte.

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