Piccoli razzisti crescono


L’inaccettabile calvario di un ragazzino 14enne tunisino, nato e cresciuto ad Ascoli, costretto a non uscire più di casa perché preso di mira da un gruppo di “bulletti” ignoranti e razzisti e ora aggredito verbalmente, insultato e minacciato anche a scuola

A voler essere ottimisti la storia che ci accingiamo a raccontare presenta dei risvolti positivi. Il fatto che degli adolescenti si siano preoccupati e schierati dalla parte di un loro coetaneo preso di mira da un gruppo di bulli ignoranti e razzisti, che una ragazzina abbia rischiato in prima persona pur di sostenerlo e difenderlo, che anche altri ragazzi più grande siano intervenuti.

Poi, però, c’è l’altra faccia della medaglia, bruttissima, che ci mostra una città nella quale germogliano e si propagano ignoranza e intolleranza, instillando già in tanti adolescenti la paura e il rifiuto del diverso da loro (che poi di differente ha solamente il colore della pelle), fino a sfociare in ripetuti e inaccettabili episodi di razzismo. Si perché quella che si sta sviluppando da mesi nella nostra città (nel centro cittadino, a scuola, sui campi di calcio cittadini) è una brutta vicenda in cui si intrecciano ignoranza e razzismo, per giunta della peggior specie perché colpisce un ragazzino di 14 anni tunisino ma nato e cresciuto qui, nel nostro paese, nella nostra città che indiscutibilmente è anche la sua città.

Ebbene quel ragazzino praticamente da giugno non è più uscito di casa. Ogni volta che andava in centro, che si recava in piazza veniva escluso, trattato male, preso in giro e insultato per il colore della sua pelle. Non solo, gli insulti finivano per toccare anche suo padre e la sua famiglia e lui, come è normale che accada ad un ragazzino di quell’età che non riesce a comprendere le ragioni di una simile cattiveria, reagiva male, rischiando di peggiorare la situazione. Così i genitori hanno deciso di non farlo uscire più per evitare che la situazione potesse peggiorare, che magari una sua reazione un più scomposta potesse rendere ancora più incandescente la situazione. Anche perché quello stesso trattamento il 14enne lo subisce spesso anche al campo di calcio quando si allena o gioca con la sua squadra.

Una situazione davvero pesante da sopportare per chiunque, figuriamoci per un ragazzino di quell’età. Che, naturalmente e fortunatamente, ha anche dei coetanei che lo appoggiano e lo sostengono, in particolare una sua nuova compagna di scuola (primo anno di superiori) che ha preso particolarmente a cuore la sua situazione. E proprio quella sua compagna di scuola sabato scorso, nel pomeriggio, mentre era in giro al centro è stata raggiunta da un sms che l’avvisava che si stava di nuovo verificando la solita situazione nei confronti di quel 14enne. Che, dopo mesi, aveva deciso di provare ad uscire di nuovo, ad andare al centro per incontrare i suoi amici, finendo, però, ancora nel mirino di un gruppetto di bulletti razzisti che lo hanno riempito di insulti.

Quando la sua compagna di classe è arrivata lo ha trovato in lacrime, pronto a reagire alle insopportabili offese. Lei, però, è riuscita a calmarlo un po’, poi ha chiamato in soccorso alcuni suoi amici di uno-due anni più grandi che sono immediatamente occorsi in loro aiuto, mentre il 14enne tunisino singhiozzando le confidava che dopo diversi mesi nulla era cambiato, che evidentemente lui non poteva più permettersi di uscire. Come se non bastasse a peggiorare la situazione poi lunedì, al ritorno a scuola, la situazione si è ripetuta. Nel corso della ricreazione alcuni ragazzi del secondo anno lo hanno nuovamente preso di mira, insultandolo e chiamandolo ripetutamente “negro di m…”.

Ancora una volta ad evitare guai peggiori interviene la sua compagna di classe che riesce a placarlo e ad evitare che reagisca. Insieme ad altri compagni di classe, poi, riferiscono l’accaduto ad una professoressa che prende anche i nomi di chi ha offeso e insultato il 14enne. Che, però, anche all’uscita della scuola deve affrontare nuovamente il gruppo di bulletti razzisti che sono lì ad attenderlo per insultarlo ancora, minacciando anche di picchiarlo. Come sempre arriva in suo appoggio il suo “angelo custode”, la sua bravissima e coraggiosissima compagna di classe che cerca di proteggerlo, finendo anche per prendersi uno schiaffo.

Per nulla intimidita la ragazzina rimane ad aspettare il pullman con lui, mentre il gruppo di bulletti continua ad insultarlo e minacciarlo. Fortunatamente di quanto sta accadendo se ne accorge anche un ragazzo più grande, dell’ultimo anno, che immediatamente interviene per aiutarli, cercando di rivolgersi al gruppetto di ragazzini che, però, a quel punto si da alla fuga. La situazione torna alla normalità ma ovviamente è praticamente certo che non finirà qui.

Naturalmente non possiamo che essere vicini al quel 14enne che ha diritto a vivere la sua vita da adolescente in tutta tranquillità, senza dover subire gli insulti, le minacce, le angherie di un gruppo di ragazzini razzisti e ignoranti. Che sono anche loro in qualche modo da compatire, perché loro stessi vittime dei pregiudizi, dell’ignoranza, dell’ottusità mentale con i quali sono stati cresciuti. Però la loro terrificante ignoranza non può certo rappresentare una giustificazione. E’ necessario un intervento immediato e deciso della scuola, magari anche dei genitori (sempre che siano in grado di farlo).

E’ importante, anzi fondamentale che la scuola ora prenda provvedimenti nei confronti di chi si sta macchiando di simili gravi comportamenti. E’ fondamentale innanzitutto da un punto di vista educativo ma anche e soprattutto per evitare che la situazione degeneri e, magari, non accada qualcosa di grave. Così come è fondamentale che si faccia qualcosa per permettere a quel ragazzino di 14 anni di poter vivere serenamente e senza limitazioni la sua adolescenza. Perché potremo ripetere all’infinito (come avviene puntualmente in queste situazioni) che la nostra non è una città razzista.

Ma se un ragazzino di quell’età non può uscire di casa e frequentare liberamente il centro cittadino o, peggio ancora, non può neppure frequentare serenamente la scuola, è evidente che c’è qualcosa che non va. E che siamo di fronte ad un problema che non riguarda solo quel ragazzino e la sua famiglia ma tutta la comunità cittadina.

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