Malaria, la circolare della vergogna


Per giustificare certi vergognosi titoli , alcuni giornali citano la circolare del ministero della Salute del 27 dicembre 2016. Che, però, dice esattamente il contrario di quello che vogliono far credere e conferma come il contagio sia legato quasi esclusivamente ai viaggi all’estero

Al peggio non c’è mai fine. Come per tante controverse vicende degli ultimi mesi, anche nella tragica storia della bambina di 4 anni morta di malaria a Brescia ogni volta che si crede che si sia toccato il fondo, puntualmente c’è qualcosa che sposta ancora più in basso l’asticella.

In questo caso, al di là del vergognoso tentativo di qualche gruppo no vax di legare la tragedia della piccola alla battaglia sui vaccini, il punto più baso si pensava potessero essere gli ignobili titoli di alcuni giornali (Libero, Il Giornale, Il Tempo) che hanno provato a speculare su questa vicenda, collegando il ritorno dei casi di malaria nel nostro paese con l’immigrazione. Una vergognosa “caccia all’untore” che  ha provocato comprensibili reazioni indignate, al punto che qualche associazione si è spinta ad ipotizzare possibili denunce per violazione della legge 25 giugno 1993 n. 205 (“azioni e slogan aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi e nazionali”) e dell’articolo 658 del codice penale (procurato allarme).

Per tutta risposta ieri (giovedì 7 settembre) quei giornali hanno rincarato la dose, tirando fuori una circolare del ministero della sanità che, secondo loro, avvalorerebbe la loro tesi. “Malaria e immigrati, il dossier del ministero. Nero su bianco: la verità che ci nascondono” titola Libero che poi pubblica integralmente (o almeno così fa credere) la circolare del ministero. Ancora più duro e polemico Il Tempo che torna sulla vicenda in più articoli, con toni quasi da sfida. “Carta canta. La verità sulla malaria” si legge nel titolo dell’editoriale di Gian Marco Chiocci, con un sottotitolo che non sembra lasciare dubbi.

“Giornalisti e associazioni contro Il Tempo per il titolo di ieri. Ma la nostra denuncia è scritta nero su bianco dal ministero della Salute”. All’interno dell’editoriale, poi, con toni ancor più astiosi Chiocci riporta anche una descrizione romanzata di come sarebbero andate le cose. “Il titolo di ieri può piacere o non piacere – scrive –  può irritare certi webeti e i soloni del politicamente corretto epperò riporta una verità inattaccabile, documentata scientificamente, riscontrata per tabulas dalla nostra Grazia Maria Coletti incaricata di occuparsi del caso della bambina morta per malaria. Cosa ti ha combinato la Coletti? Ha fatto quel che qualsiasi ragazzotto appena uscito dalle scuole di giornalismo dovrebbe fare: è andata a cliccare sul sito del ministero della Salute per trovare informazioni ufficiali sulla malaria in Italia. E cosa ha scoperto la cronista del Tempo?

Quello che avete letto nel titolo, nel catenaccio, nei sommari e soprattutto negli articoli di ieri che nessuno dimostra di aver letto. E cioè che stando a quanto riportato nella circolare del 27 dicembre 2016 (che pubblichiamo integralmente) nell’intero ammontare dei 3.633 casi di malaria notificati nel nostro Paese dal 2011 al 2015, la stragrande maggioranza (l’80 % secondo il ministero) riguarda immigrati giunti qui per la prima volta o tornati dopo un soggiorno nella loro terra d’origine”.

Inevitabilmente a quel punto siamo andati a verificare la circolare per cercare di capire fino a che punto avvalorava le tesi (espresse in quel discutibile modo) di quei giornali. A sorpresa, però, leggendola attentamente abbiamo scoperto che in realtà quella circolare dimostra esattamente l’opposto, cioè che gli immigrati e i rifugiati che arrivano nel nostro paese con i barconi non c’entrano assolutamente nulla con la malaria. E allora è inevitabile chiedersi se quei giornali “ ci sono o ci fanno”, nel senso che saremmo curiosi di sapere se davvero non hanno capito quanto riportato dal ministero o se invece hanno provato volutamente a mistificare la realtà, contando su una sorta di cieca fiducia dei propri lettori.

Andando a vedere più nel dettaglio il contenuto della circolare ministeriale, preliminarmente è opportuno evidenziare come entrambi i giornali, nonostante l’annuncio fatto, si guardano bene dal pubblicarla integralmente. Al di là di un comprensibile problema di spazio (sono ben 23 pagine), guarda il caso entrambi pubblicano solo la parte che può far comodo, che se letta con superficialità e poca attenzione in qualche modo potrebbe far pensare che la loro tesi in effetti ha un qualche fondamento. E, sempre casualmente, non viene neppure menzionata tutta la parte che toglie ogni residuo di dubbio su quale sia la situazione reale.

Chi è interessato qui può leggere integralmente la suddetta circolare del 27 dicembre 2016. Che, in sostanza, evidenzia in maniera inequivocabile come la malaria nel nostro paese sia legata quasi esclusivamente ai viaggi in determinati paesi a rischio (in Africa ma anche in Asia). Nulla di sorprendente, in realtà, perché se è vero che la malaria non si trasmette da uomo a uomo e che ha bisogno di essere veicolata da alcuni tipi di zanzara (che, però, non si trovano in Italia), è di tutta evidenza che stiamo parlando del nulla.

Dati epidemiologici recenti – si legge nella circolare – relativi al periodo 2011-2015 mostrano 3.633 casi di malaria notificati, di cui l’89% (3.233 casi) con diagnosi confermata. La quasi totalità dei casi sono d’importazione, i casi autoctoni riportati sono stati 7: 2 indotti, 3 criptici, 1 sospetto da bagaglio e uno sospetto introdotto, cioè trasmesso da vettori indigeni”. In altre parole il ministero della Salute ci dice che su 3.233 casi confermati 3.226 sono di importazione, cioè contratti mentre si era all’estero e poi divenuti manifesti al rientro in Italia. I casi di malaria contratta con certezza in Italia sono appena 7 (in 5 anni) di cui 2  contratti artificialmente, cioè dopo un trapianto o una trasfusione, 1 sospetto “da bagaglio”, cioè con la zanzara  è stata portata in Italia in una valigia, e 1 trasmesso da vettori indigeni, cioè un caso di malaria trasmessa da zanzare del nostro territorio, mentre per 3 casi la fonte dell’infezione non è stata identificata.

Non bisogna aver studiato medicina o essere dei particolari geni per capire già da questo dato che, al contrario di quello che si vuole far credere, per quanto riguarda la malaria non esiste alcun rischio connesso con il fenomeno dell’immigrazione. La circolare spiega, poi, come appena il 20% dei casi di malaria riguardano italiani, mentre l’80% stranieri. “Tra i cittadini italiani – si legge ancora – si sono riscontrati il 20% dei casi di cui il 41% in viaggio per lavoro, il 22% per turismo, il 21 % per volontariato/missione religiosa. Gli stranieri rappresentano l’80% , per quanto riguarda quest’ultimi l’81% dei casi sono da registrarsi tra immigrati regolarmente residenti in Italia e tornati nel paese di origine in visita a parenti ed amici, definiti in letteratura come Visiting Relatives and Friends e indicati con l’acronimo VRFs, il 13% tra immigrati al primo ingresso”.

Questo significa innanzitutto che la maggior parte degli italiani colpiti dalla malaria (l’84%) l’hanno contratta nel corso di un viaggio all’estero per lavoro, turismo o volontariato (e per il mancante 16% l’origine non è nota). Quindi, ancora una volta,  gli immigrati non c’entrano nulla. Ma quei dati ci dicono anche che la maggior parte degli stranieri che contraggono la malaria sono residenti regolarmente in Italia che tornano nel paese di origine (in Africa o in Asia) per andare a trovare parenti o amici e lì vengono contagiati. Ad ulteriore conferma di ciò tutta la corposa seconda parte della circolare (quella che, guarda il caso, è sfuggita a Libero e Il Tempo) fornisce consigli utili per la prevenzione.

Rivolti, però, esclusivamente ai viaggiatori diretti in aree ad endemia malarica, con un ulteriore attenzione particolare per alcune categorie di viaggiatori (le donne in gravidanza e in allattamento, i bambini, chi deve fermarsi per un lungo periodo e gli stranieri regolarmente residenti in Italia che tornano nei paesi di origine). Infine vengono indicate le misure di prevenzione per garantire una maggiore sicurezza trasfusionale. Altro che immigrazione, quindi, per la circolare del ministero le eventuali preoccupazioni derivano dai viaggi all’estero e dalle trasfusioni.

E allora è giusto attribuire il merito alla cronista del Tempo che “è andata a cliccare sul sito del ministero della Salute per trovare informazioni ufficiali sulla malaria in Italia”. Peccato, però, che poi dopo averla letta (probabilmente solo la prima parte, visto che della seconda parte non c’è traccia e non viene mai menzionata) la redazione del giornale romano (così come quella di Libero) ha preso fischi per fiaschi, interpretando dati e affermazioni chiarissimi esattamente al contrario. Per incapacità di comprendere o per calcolo, cambia poco.

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