Ascoli un anno dopo, una città ancora prigioniera del terremoto


Ad un anno dal sisma Ascoli è una città in difficoltà, profondamente segnata dal terremoto, indebolita e sfiancata dalla superficialità del sindaco. Che tra proclami ottimistici, scuole e assicurazione ha collezionato una serie interminabile di gaffes

L’ultima scossa del pomeriggio ha generato ansia e inquietudine ma non ha prodotto effetti significativi sul sistema cittadino, la città ha risposto  molto bene”. E’ praticamente impossibile, ad un anno dal terremoto, non ricordare quelle affermazioni del sindaco Castelli, probabilmente la più clamorosa ed eclatante tra le innumerevoli gaffes collezionate in questi 12 mesi dal primo cittadino.

Per la verità solo qualche ingenuo sprovveduto allora (era domenica 28 agosto e, dopo l’ennesima scossa di magnitudo 5, il sindaco pronunciava quelle parole dagli schermi di Arengo Tv) ha creduto che quella descritta dal sindaco fosse la reale situazione della città, non ha pensato che quelle affermazioni fossero quanto meno incaute. Ma ora, vista la situazione in cui versa la nostra città, quelle parole suonano ancora più beffarde e ancora più incaute e inopportune. Perché 12 mesi dopo il terribile terremoto del 24 agosto (e ovviamente anche in seguito alle successive scosse) il capoluogo piceno è in evidente difficoltà, probabilmente, a parte i luoghi simbolo di questo sisma (come Amatrice, Arquata, Accumoli), è il comune che presenta la situazione più problematica.

Ascoli un anno dopo è una città profondamente segnata dal sisma, per certi versi è inevitabile e fisiologico che lo sia vista la vetustà di tanti edifici pubblici e privati cittadini. Ma lo è anche perché indebolita e sfiancata dalla sconcertante superficialità con cui è stata affrontata questa difficile emergenza dall’amministrazione comunale e, in particolare, dal primo cittadino. Che all’inizio ha vestito i panni dell’inguaribile ottimista, alla Tonino Guerra, cercando di trasmettere l’idea che non ci fossero problemi particolari, che il capoluogo piceno aveva resistito bene alle tremende scosse.

Un insensato e immotivato ottimismo deleterio per la nostra città, con l’amministrazione comunale che ha perso mesi prima di prendere realmente coscienza della situazione. A quel punto l’inguaribile ottimista si è trasformato nel “sindaco piagnone”, pronto a lamentarsi di tutto e con tutti, a drammatizzare qualsiasi situazione. Come diceva sempre Andreotti a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca e in quei mesi la sensazione era che quel continuo piagnucolare non fosse per nulla finalizzato ad attirare l’attenzione sulla nostra città quanto a guadagnare inviti e presenze negli schermi e nei salotti televisivi.

Dove in quei difficili mesi il primo cittadino è diventato un abituè, anche quando sarebbe stato molto più opportuno preoccuparsi e concentrarsi sugli interventi da svolgere in città. Emblematico, a tal proposito, ciò che è accaduto il 18 gennaio quando, con una città già in ginocchio per la neve, mentre tutti gli altri sindaci erano alacremente impegnati nei rispettivi centri operativi comunali (aperti ovunque dalla precedente domenica 15 gennaio, ad Ascoli solo a partire dal pomeriggio del 18), il primo cittadino ascolano passava da una tv all’altra  per elargire agli ascoltatori le sue “perle di saggezza”.

Poi, è storia, la sequenza ravvicinata delle tre scosse di magnitudo intorno a 5 nel giro di qualche ora ed ecco la gioiosa passerella televisiva che improvvisamente si trasforma nel palcoscenico più adatto per il “sindaco piagnone” che, improvvisamente resosi conto della situazione difficile della città,  se la prende con tutte le istituzioni, incolpa tutto e tutti per quanto sta accadendo, senza minimamente provare a fare una seria autocritica (poteva quanto meno chiedersi perché tutti gli altri sindaci avevano attivato i Coc già dalla domenica sera…). Un comportamento ambiguo e altalenante che inevitabilmente ha prodotto le conseguenze che ora sono sotto gli occhi di tutti.

Ad un anno dall’inizio dell’emergenza sismica Ascoli è una città profondamente colpita ma che, incredibilmente, ancora non ha neppure l’esatta dimensione della situazione. Sappiamo che ci sono diversi edifici danneggiati, anche pubblici, sappiamo che molti di questi sono inagibili, sappiamo che ci sono oltre un migliaio di sfollati ma sappiamo anche che ancora parliamo di stime assolutamente provvisorie. Sembra incredibile ma a distanza di 12 mesi ancora continuano a succedersi ordinanza di sgombero.

Questo perché dopo 12 mesi ad Ascoli siamo ancora in alto mare con i sopralluoghi da fare, ne mancano circa 1500. Un dato sconcertante ma che non stupisce, almeno chi ha visto e vissuto da vicino la confusione che regna sovrana, l’approssimazione. Ne siamo stati testimoni direttamente, con la richiesta di sopralluogo in un’abitazione in pieno centro dalla quale, in occasione della scossa del 30 ottobre, era caduto un cornicione (oltre ad evidenziarsi alcune crepe). Abbiamo vissuto direttamente cosa significa andare da un ufficio comunale all’altro, con ogni volta qualcuno che forniva indicazioni esattamente opposte a quelle fornite dal funzionario precedente.

Abbiamo assistito attoniti come, dopo aver atteso a lungo l’agognato sopralluogo, pochi giorni la sua effettuazione  ne è arrivato un altro, poi un altro ancora, sempre con la stessa storiella raccontata dai funzionari che ci contattavano e che sostenevano che agli uffici comunali non risultava che fosse stato effettuato alcun sopralluogo. E il nostro non è certo un caso singolo, c’è chi ha ricevuto 3-4 sopralluoghi e chi da mesi è ancora in attesa. Un vero e proprio caos, spiegato ancora meglio in un lungo post pubblicato nei giorni scorsi Giulio Natali, dal titolo sin troppo emblematico (“I fenomeni che amministrano Ascoli Piceno”), nel quale l’ex consigliere regionale e ex assessore comunale racconta l’incredibile storia di Palazzo Gallo. Il cui sopralluogo che aveva evidenziato “un potenziale pericolo per la pubblica e privata incolumità” è stato effettuato il 20 novembre 2016 ma che, poi, è stato oggetto della conseguente ordinanza sindacale solo due mesi e mezzo dopo (il 15 febbraio 2017), con la successiva installazione di una transenna che non è stata mai fissata, quindi era mobile, e non vietava in alcun modo il transito pedonale. Solo quasi 5 mesi dopo (l’8 luglio) l’amministrazione comunale ha provveduto a posizionare 6 scogli, un mese dopo (l’8 agosto) sostituiti da un’impalcatura installata (con un lavoro di meno di 2 giorni) dal condominio del palazzo.

Dunque – scrive Natali – di fronte ad una situazione di pericolo individuata il 30 novembre 2016 e che doveva essere risolta dal privato e con un lavoro ci meno di due giorni , i fenomeni della amministrazione hanno per 77 giorni esposto al pericolo la incolumità di tutti facendo finta di niente, poi dal 15 febbraio all’11 luglio ( 136 giorni ) hanno fatto finta di non vedere che la transenna non era fissata e non vietava il transito pedonale per cui la pubblica incolumità era esposta al pericolo e poi dall’11 luglio all ‘8 agosto, i fenomeni di cui sopra hanno posizionato n. 6 scogli, evidentemente indotti alla idea della scogliera dalla calura della stagione estiva o magari anche per rafforzare la posizione del centro storico di Ap nei confronti dell’Unesco… E tutto questo quando dal 30 novembre ( solo …da più di otto mesi )sapevano perfettamente che per eliminare il pericolo sarebbe dovuto intervenire il privato e cioé il condominio di palazzo Gallo e per un lavoro di meno di due giorni”.

A dir poco imbarazzante e bisogna pensare che di esempi simili, di ordinanze emesse dopo mesi, ce ne sono a iosa. Per questo, di fronte ad una simile scenario, il sindaco Castelli e l’amministrazione comunale più di ogni altri, in occasione di questo triste primo anniversario, avrebbero dovuto raccogliere l’invito che circolava in queste ore  sui social “Il 24 agosto rimango #in silenzio”. Invece, mentre un’intera comunità si apprestava a ricordare quella tragica notte, il primo cittadino non ha trovato niente di meglio da fare che lanciarsi in un lungo sproloquio per lanciare strali contro la Regione. Che, per carità, sicuramente non merita in alcun modo di essere difesa.

Ma che a lanciare certe accuse sia chi, come Castelli, in questi mesi ha contribuito in maniera determinante ad affossare una città comunque duramente colpita, è davvero troppo. Tra l’altro, con tutto quello che a ragione si può imputare alla Regione, se ora il capoluogo piceno usufruirà di fondi per importanti interventi sulle strutture pubbliche (il duomo, ad esempio, ma anche e soprattutto le scuole cittadine) è solo ed esclusivamente grazie alla Regione stessa. Con l’amministrazione comunale, per giunta, che non ha neppure sentito la necessità di mandare qualche proprio rappresentante all’incontro con tutti gli altri sindaci della provincia di Ascoli, promosso proprio dalla Regione per discutere degli investimenti per il territorio piceno da inserire nel piano delle opere pubbliche regionali.

Sorvolando sulle tante inesattezze contenute nel lungo intervento del sindaco (i dati sulle casette, sulle macerie e sulle verifiche), sugli inopportuni riferimenti al terremoto a L’Aquila (una delle pagine più indecorose della storia recente del nostro paese) e sull’indegno tentativo di speculazione politica sulla vicenda del fratello della vicepresidente della Regione, ci vuole davvero una incredibile faccia tosta a parlare, sempre riferendosi alla Regione, delle “ innumerevoli figuracce collezionate in questo scorcio di anno”.

Ne parla tutta Italia” afferma Castelli dimenticando che tutta Italia ancora ride per il suo maldestro tentativo di spacciare una semplice e banalissima assicurazione “All Risks” come un’intuizione geniale, come un’improbabile e inesistente polizza apposita per il terremoto. Senza pensare che, ironia della sorte, mentre altri enti locali hanno incassato o sono già sul punto di incassare il frutto di una polizza simile, ad Ascoli tutta la vicenda è avvolta da un alone di mistero, tra la disdetta della polizza fatta dalla società lettone e il dimezzamento dell’ipotetico indennizzo (il sindaco aveva annunciato con enfasi che sarebbe arrivato ad 8 milioni, ora nella migliore delle ipotesi si arriverà a 4).

E non vogliamo neppure pensare all’ipotesi, ventilata da qualcuno, che alla fine da quella polizza non arriverà per la città neppure un euro. Non provocano alcun sorriso, perché l’argomento è drammaticamente serio, ma non sono certamente meno imbarazzanti tutte le affermazioni fatte dal sindaco in questi mesi sul tema della sicurezza delle scuole.

Dovrebbe vedere il primo cittadino l’espressione sconfortata di tecnici ed esperti del settore quando qualcuno ricorda alcune delle sue dichiarazioni in proposito, come l’allucinante “lo sciame sismico ha rappresentato il vero e proprio collaudo per le scuole della nostra città” , mentre nessuno riesce a credere che davvero qualcuno (per giunta un amministratore) possa aver davvero detto che non ha senso effettuare nuove verifiche di vulnerabilità sismica (in realtà le scuole cittadine non le hanno mai fatte) dopo la serie interminabile di scosse perché “non è l’accadimento sismico a far cambiare l’indice di rischio”.

I sindaci e lo stesso presidente dell’Anci – afferma ancora Castelli – hanno chiesto a gran voce che vi sia un ridimensionamento del ruolo delle regioni e una maggiore valorizzazione dei sindaci”. Guardando quello che hanno fatto e che stanno facendo alcuni primi cittadini (Brucchi di Teramo. Pirozzi di Amatrice, lo stesso Petrucci di Arquata) è una proposta assolutamente da sottoscrivere.

Certo, però, se dovessimo prendere come riferimento Ascoli allora cambierebbe tutto e nessuno sano di mente potrebbe mai pensare, vista la situazione in cui versa la città, di ampliare i poteri del sindaco…

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