Province, scuole e strade: il festival dell’ipocrisia
Il presidente dell’Unione Province Italiane (Upi) chiede più fondi per le Province e minaccia di far chiudere strade e scuole se non li otterrà. “Non vogliamo abituarci a navigare tra le macerie” accusa, confermando la precaria situazione delle oltre 5 mila scuole di competenza provinciale
Lamentarsi sempre, assumersi le proprie responsabilità mai. Quello che è sempre stato uno dei principali mal vezzi italiani (il lamento incondizionato, con l’attribuzione delle responsabilità sempre e comunque agli altri) si è purtroppo notevolmente amplificato dopo il terremoto. Che, oltre ad aver portato morte e distruzione , ha evidenziato come siamo terribilmente indietro per quanto riguarda prevenzione e sicurezza, come le nostre strutture pubbliche (e anche private) non siano per nulla pronte e adeguate a sopportare e assorbire senza subire “catastrofi” determinati eventi.
Siamo in ritardo di una vita, per decenni non è stato fatto nulla o quasi (nonostante il periodico riproporsi di eventi drammatici che qualcosa avrebbero dovuto insegnare) e dopo quanto accaduto con l’infinita crisi sismica che ha colpito il centro Italia si sperava almeno in un atteggiamento e in una reazione differente. Senza dilungarci di nuovo su argomenti che abbiamo già ampiamente sviscerato, basterebbe ricordare che dal 2003 era stato posto l’obbligo di effettuare le verifiche di vulnerabilità sismica negli edifici pubblici considerati strategici (scuole, ospedali, ecc.), che in questi lunghi anni sono stati messi a disposizione dallo Stato, dalle Regioni e dalla Protezione Civile fondi per effettuarli e per effettuare gli eventuali successivi interventi di adeguamento sismico ma, come abbiamo ampiamente visto, solo pochissimi enti locali hanno ottemperato a questo obbligo.
Per questo oggi appaiono assolutamente “stonate”, fuori luogo e anche un bel po’ ipocrite le “sparate” di alcuni amministratori locali che minacciano “fuoco e fiamme”, che se la prendono e scaricano ogni responsabilità sul governo centrale. Che, per carità, di responsabilità ne ha tante, troppe, per il passato e anche per il presente. Ma questo insulso “scaricabarile”, per cercare di nascondere le carenze, gli errori e le mancanze del passato, è insopportabile. L’ultimo a cui abbiamo dovuto assistere è quello di ieri (lunedì 19 giugno) del presidente dell’Unione Province Italiane (Upi) Achille Variati, presidente anche della Provincia di Vicenza.
Intervenendo nel corso di un seminario, Variati ha lanciato quella che può essere considerata a tutti gli effetti una minaccia. “Le Province sono senza risorse – ha affermato – i servizi non possono essere più svolti perché le strade mettono a rischio gli automobilisti e le scuole non sono sicure saranno chiuse. Non possiamo essere noi a prenderci le colpe delle scelte sbagliate di Governo e Parlamento che non hanno voluto assicurare con la manovra le risorse necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini”.
“Un quadro scoraggiante – ha aggiunto – che oltre a rappresentare chiaramente lo stato di crisi finanziaria delle Province dimostra come da 3 anni a questa parte ci sia stato impedito di fare programmazione. La nostra capacità di investimento è crollata del 62% e il patrimonio pubblico che gestiamo, 130 mila chilometri di strade e tutte le 5.100 scuole superiori italiane, si sta deteriorando in maniera pericolosa. Per questo giovedì prossimo alla Conferenza Stato Città non intendiamo dare intesa sulla ripartizione dei fondi del tutto insufficienti riservati dalla manovra alla sicurezza di strade e scuole. Non vogliamo abituarci, come qualche volta ci sembra di cogliere nei nostri interlocutori istituzionali, a navigare tra le macerie”.
Tutto ampiamente condivisibile, così come è innegabile che negli ultimi 3 anni, con l’abortito tentativo di abolizione, le Province siano state private di risorse. E se arrivassimo in Italia ora per la prima volta, senza aver vissuto qui negli anni passati, di certo daremmo pienamente ragione al presidente dell’Upi. Purtroppo per Variati, però, siamo qui da decenni e sappiamo bene cosa è accaduto, cosa è stato (anzi, cosa non è stato fatto) in tema di sicurezza dagli enti locali (Comuni e Province in testa) in tutto questo tempo. Giusto e doveroso chiedere maggiori fondi, così come denunciare i consistenti tagli degli ultimi 3 anni.
Ma è oltremodo ipocrita voler far credere che questa è l’unica ragione per cui strade e scuole non sono sicure. Prima ancora di reclamare quanto sicuramente spetta alle Province, dal presidente dell’Upi avremmo gradito una seria ammissione di responsabilità. Le strade e le scuole di competenza provinciale non erano per nulla sicure neppure 3 anni fa, prima dei denunciati tagli del governo. Per 10 lunghi anni le Province non hanno fatto nulla o quasi nulla per garantire agli automobilisti strade più sicure e agli studenti e al personale scolastico scuole sicure. Se dal 2003 al 2014 in quasi nessuna delle scuole di competenza delle Province sono state effettuate le verifiche di vulnerabilità sismica la responsabilità è esclusivamente degli amministratori provinciali.
Ma c’è un’ulteriore e, probabilmente ancora più grave, ipocrisia nella minaccia di Variati. Il presidente dell’Upi conferma quello che in realtà sappiamo da mesi, cioè che la maggior parte delle 5.100 scuole provinciali non sono sicure e, se non arriveranno più fondi dal governo, è pronto a farle chiudere perché “non vogliamo abituarci a navigare tra le macerie”. Ma, lo capirebbe anche un bambino, a meno che Variati non si sia svegliato improvvisamente da un lungo letargo, le sue affermazioni dimostrano inequivocabilmente che l’Upi (quindi i rappresentanti delle varie Province) sapeva bene da mesi che le proprie scuole non sono sicure. Allora perché non si sono prodigati subito, almeno nelle zone maggiormente a rischio, per tenerle chiuse? Perché hanno spudoratamente esposto studenti e personale scolastico al rischio di “navigare tra le macerie”?
Tra l’altro è di tutta evidenza che, anche se per un qualche miracolo ora riuscissero ad ottenere dal governo i fondi richiesti, la situazione non cambierebbe immediatamente. Le scuole non sicure, che oggi Variati minaccia di tenere chiuse se il governo non aumenta i finanziamenti, resterebbero tali, magari le Province così avrebbero l’opportunità di programmare gli interventi per la messa in sicurezza o per l’eventuale ricostruzione. Che, però, non sarebbero certo immediati.
Quindi, anche nell’ipotesi di un cambio di marcia del governo, il prossimo anno scolastico comincerebbe con le scuole nelle stesse attuali condizioni precarie che denuncia Variati. Che, per coerenza, dovrebbe quindi chiedere a prescindere la loro chiusura, in attesa poi degli interventi che verrebbero resi possibili con maggiori fondi concessi dal governo. Perché in caso contrario si avrebbe la spiacevole sensazione che il presidente dell’Upi stia solo speculando sulla pelle dei ragazzi, stia solo sventolando lo spettro dei possibili rischi esclusivamente per ottenere qualche soldo in più. Quindi, se davvero ha a cuore la sicurezza dei ragazzi, prosegua la sua giusta battaglia per ottenere più risorse dal governo per intervenire nei prossimi mesi, nei prossimi anni, sulle scuole di competenza provinciale.
Ma, con coerenza, si impegni a far subito chiudere, a prescindere dalla risposta del governo, tutte quelle scuole che lui stesso considera così gravemente a rischio…