La scuola ai tempi del terremoto


Gli eventi sismici che dal 24 agosto hanno colpito le nostre zone inevitabilmente stanno provocando forti ripercussioni sulla regolarità dell’anno scolastico, tra i tanti giorni di scuola persi e gli inevitabili effetti destabilizzanti che il terremoto ha provocato in tantissimi ragazzi. Che, però, non tutti gli insegnanti hanno la sensibilità di comprendere

Dall’inizio di questa interminabile emergenza sismica, per quanto riguarda il mondo scolastico, le attenzioni si sono giustamente concentrate sulla sicurezza degli edifici scolastici. Dei quasi mille edifici scolastici presenti nei territori colpiti dal terremoto (990 per la precisione) e sottoposti a verifiche di agibilità, ben 257 sono stati dichiarati temporaneamente o parzialmente inagibili (123 nelle Marche, 58 in Umbria, 41 in Abruzzo, 35 nel Lazio), 62 sono risultati inagibili (44 nelle Marche, 8 in Abruzzo, 6 in Umbria, 4 nel Lazio), mentre 8 edifici scolastici (4 nelle Marche e 4 in Umbria) sono stati dichiarati inagibili per rischio esterno.

Numeri impressionanti, che rendono solo parzialmente l’idea dell’entità del problema. Anche perché in questi mesi abbiamo ormai imparato e compreso che l’agibilità non è certo sinonimo di sicurezza  e che, per conoscere realmente lo stato degli edifici scolastici, sono necessarie le ormai note verifiche di vulnerabilità sismica che, come visto, molte scuole della nostra zona non hanno mai effettuato. Più che comprensibile , anzi doveroso, quindi concentrarsi e preoccuparsi principalmente sulla sicurezza delle scuole, anche perché molti amministratori locali in questi anni hanno colpevolmente sottovalutato, se non addirittura ignorato, quella che invece doveva essere una priorità.

Meno comprensibile, invece, il fatto che in tutti questi mesi sia stato trascurato o, quanto meno, sia stato trattato con assoluta superficialità, un altro problema concreto, un aspetto non meno rilevante che riguarda sempre il mondo della scuola. Parliamo di come l’emergenza terremoto abbia e stia pesantemente condizionando l’anno scolastico e, soprattutto, il rendimento degli studenti (in particolare delle scuole superiori). “Gli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia tra l’agosto 2016 e lo scorso gennaio – si legge in una nota dell’associazione “Save the children” – hanno avuto forti ripercussioni sulla regolare frequenza scolastica e sul normale andamento dell’anno scolastico”.

Un problema non secondario e certamente non di poco conto perché il condizionamento, per certi versi forse sarebbe più giusto definirlo lo stravolgimento, sta pesantemente condizionando l’anno scolastico di migliaia di ragazzi della zona del cratere. E lo sta condizionando sotto diversi punti di vista, non solo per gli aspetti pratici e tangibili che sono sotto gli occhi di tutti (o di quasi tutti, visto che c’è chi continua a non rendersi conto della portata della situazione), ma anche e soprattutto per i pesanti risvolti psicologici che quanto accaduto ha comportato, in particolare sugli adolescenti.

A causa degli eventi sismici – si legge ancora nella nota di Save the children – i ragazzi hanno perso molte ore di lezione o si sono visti costretti a studiare in spazi provvisori, a frequentare lezioni organizzate in doppi turni per sfruttare al meglio le strutture agibili o, ancora, a spostarsi in scuole situate a molte chilometri di distanza”.  E’ chiaro ed evidente che i problemi logistici di cui parla “Save the children” si riferiscono in particolare ai ragazzi che vivono (o forse sarebbe meglio dire che vivevano…) nelle zone colpite direttamente dal sisma, anche se scuole chiuse, spostamenti di interi istituti e classi e disagi di vario tipo si sono verificate anche ad Ascoli e Teramo. Di certo, però,  quello delle tante ore di lezione perse è un problema più generale e che riguarda tutta la vastissima zona del cratere.

Anche ad Ascoli e Teramo (dove si trovano il maggior numero di scuole superiori), ad esempio, l’anno scolastico è partito con diversi giorni di ritardo, è stato interrotto per una quindicina di giorni dopo le scosse del 26 e 30 ottobre, per poi subire una successiva interruzione a gennaio, tra l’emergenza neve e le nuove scosse di terremoto. Complessivamente quasi un mese intero perso, con tutto quello che ciò comporta in termini di minor tempo per sviluppare i programmi, per sottoporre i ragazzi alle verifiche (orali e scritte), senza considerare la comprensibile difficoltà dei ragazzi stessi costretti, ogni volta ad interrompere l’anno scolastico e poi dover ripartire faticosamente. A livello strettamente pratico le conseguenze in alcune scuole, in alcune classi sono state di particolare entità, con l’inevitabile pesante ritardo nello svolgimento del programma e in molti casi praticamente l’impossibilità di chiudere il primo quadrimestre con un numero sufficiente di verifiche (soprattutto in alcune materie) per tutti i ragazzi.

Naturalmente anche il ritmo di studio ne ha pesantemente risentito, che si tratti di una situazione particolare ed unica è testimoniato dal fatto che il governo è intervenuto per regolamentare in maniera differente lo svolgimento degli esami di maturità nelle zone inserite nel cratere. In pratica, nelle scuole che si trovano in quelle zone, l’esame si svolgerà alla presenza esclusivamente di commissari interni, senza alcun commissario esterno. Un chiaro riconoscimento di una situazione assolutamente di emergenza che ovviamente non riguarda solamente chi quest’anno dovrà affrontare l’esame di maturità e che già solamente sulla base di queste considerazioni dovrebbe indurre a riflettere.  C’è, però, da considerare che quelle che abbiamo definito “conseguenze pratiche” non sono certo le uniche provocate sui nostri studenti da questa lunga emergenza sismica. Non se ne parla e non se ne è parlato praticamente quasi per nulla in questi mesi, per questo a qualcuno suonerà strano sapere che tutti gli esperti del settore sono concordi nel sostenere che proprio gli adolescenti sono i più colpiti e quelli che subiscono più a fondo e più a lungo gli effetti e le conseguenze “psicologiche” del terremoto.

In questi mesi abbiamo parlato spesso dei più piccoli, di come hanno vissuto e reagito a questa tragedia. Ci siamo occupati dei più anziani, di come possono affrontare il trauma di perdere la casa costruita con anni di sacrifici, di come possono rialzarsi e pensare al futuro dopo una simile “mazzata”. Ci siamo, addirittura, preoccupati di come reagiscono gli animali (per carità, nessuno vuole mettere in discussione che anche quest’aspetto possa avere la sua importanza) a simili eventi, a tal proposito c’è anche chi ha scritto un libro per raccontare le storie di alcuni animali domestici delle zone maggiormente colpite dal sisma. Invece dei nostri ragazzi, degli adolescenti praticamente ce ne siamo dimenticati, come se per loro fosse tutto semplice, come se non fossero proprio loro quelli che, più di ogni altro, rischiano di subire le conseguenze di questa situazione.

Spesso si parla di bambini, di genitori, di anziani quando si verificano questi disastri mentre gli adolescenti vengono in un certo senso trascurati perché tanto loro sono già grandi, in grado di capire cosa sia successo e non c’è bisogno di spiegargli cosa sia un terremoto – spiega Valentina Di Rago, psicologa e collaboratrice della redazione “AdoleScienza.it” – conoscono gli esiti nefasti perché attraverso la tv o la rete sono già consapevoli di ciò che avviene e si crede erroneamente che abbiano meno bisogno di essere rassicurati, contenuti, capiti, aiutati. Eppure ci sono recenti studi scientifici che hanno evidenziato come, in occasione di un evento come il terremoto, proprio gli adolescenti sono quelli che subiscono gli effetti più pesanti a breve e a lungo termine, al punto che è emerso con chiarezza come anche a distanza di anni i ragazzi presentano maggiore vulnerabilità a sintomi come depressione, ansia e ideazione sucidaria.

Sebbene abbiano maggiori capacità verbali dei bambini di esprimere i propri pensieri ed emozioni, non hanno ancora maturato una struttura psichica in grado di gestire certi vissuti. Sono in fase di crescita, di cambiamento, di ricerca di una propria identità e stabilità psichica per cui questi eventi possono lasciare dei segni importanti. Significa che la distruzione intorno a loro genera profonda instabilità, in una fase già complessa e di passaggio dalla dipendenza all’autonomia. Sono in un’età in cui possono nascondere le proprie fragilità e mostrarsi forti, tuttavia hanno bisogno in ogni ambito della loro vita, dalla famiglia alla scuola, dallo sport agli amici, di adulti in grado di capire, capaci di fornire loro supporto e rassicurazione”.

Mauro Manca, psicoterapeuta e presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza, ci illustra nel dettaglio alcune delle reazioni che possono avere gli adolescenti in seguito all’ansia e alla paura da terremoto (naturalmente dopo aver vissuto più o meno da vicino una simile terribile esperienza). “Tra le reazioni più frequenti e più comuni, oltre alla paura, all’angoscia e al panico, si possono indicare con certezza la difficoltà ad addormentarsi, con incubi ricorrenti e numerosi risvegli notturni, il cambio nelle abitudini alimentari, con il rifiuto del cibo o un’alimentazione incontrollata ed eccessiva, disturbi somatici come mal di testa, di stomaco, stanchezza eccessiva, dolori muscolari, sbalzi d’umore, ansia fino a veri e propri attacchi di panico, pensieri negativi nei confronti di se stessi e del mondo, perdita di fiducia nel futuro, comportamenti a rischio, autodistruttivi ed esposizione a situazioni pericolose, difficoltà a concentrarsi, a ricordare, disattenzione, calo del rendimento scolastico”.

Fondamentale in questi casi, secondo Manca, il ruolo degli adulti con i quali i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo, quindi in primo luogo (ovviamente) i genitori ma anche i professori, la scuola, i tecnici di società sportive per quei ragazzi e ragazzi che praticano con assiduità lo sport. “Reazioni come quelle sopraelencate sono frequentissime ma assolutamente normali in seguito ad eventi come questi – spiega Manca – fondamentale è non sottovalutarle, cercare da parte degli adulti di capire, di comprendere le difficoltà che stanno attraversando, di supportarli e aiutarli, cercando di ridare loro una maggiore serenità per guardare al futuro con speranza. In quest’ottica molto importante sarebbe fornire, se necessario, anche il supporto di un esperto, così come fondamentale è anche il ruolo della scuola che deve aiutare i ragazzi a ricostruire un clima di serenità”.

Già, ma le nostre scuole, il nostro sistema scolastico è pronto ed è capace ad affrontare in maniera adeguata una simile situazione di emergenza? Inutile nascondersi, bisognerebbe essere degli inguaribili ottimisti per rispondere in maniera affermativa. Il discorso è lungo e complesso, il punto di partenza dovrebbe essere la consapevolezza, a tutti i livelli, dell’eccezionalità della situazione. Cosa che è stata fatta solo in parte, non può certo essere sufficiente la decisione del governo in merito all’esame di stato. Servirebbe ben altra attenzione, soprattutto servirebbe ben altro supporto ai ragazzi ma anche agli insegnanti stessi che, inevitabilmente, si trovano a fare i conti con una situazione ed un’emergenza assolutamente nuova. Il guaio è che in queste situazioni, così come in tante altre determinate dall’emergenza sisma, le istituzioni appaiono assolutamente impreparate e, di conseguenza, l’impreparazione e l’incapacità di mettere in campo le dovute iniziative si ripercuote e si accentua anche a livello locale.

Tutte le scuole, in queste circostanze, dovrebbero essere in grado di mettere a disposizione dei ragazzi degli esperti che possano guidarli, comprenderli ed aiutarli in questo difficile momento. Così come gli stessi insegnanti dovrebbero essere guidati e supportati da esperti che li aiutino a capire come affrontare la situazione di chiara difficoltà e disagio che stanno vivendo i ragazzi. Un’utopia, sarebbe troppo chiedere una simile dimostrazione di efficienza al disastrato sistema scolastico italiano. Così, ancora una volta, in qualche fortunato caso dove non arrivano le istituzioni ci sono associazioni di volontariato a farne le veci.

Come in tutte le altre scuole della nostra città  – racconta Gilda, insegnante di lettere presso l’Istituto tecnico-industriale Fermi di Ascoli Piceno – la ripresa e il proseguimento delle lezioni per i ragazzi è stata molto complessa. Nel nostro istituto Save the children e gli psicologi dell’emergenza del Centro Alfredo Rampi sono intervenuti con un percorso di supporto emotivo di risposta all’emergenza, svolgendo tre incontri con i docenti e due incontri con 10 gruppi classe, in base alle necessità riscontrate negli alunni. I nostri studenti sono prevalentemente ragazzi che vengono da contesti molto colpiti dal sisma. Inizialmente, come docenti ci siamo sentiti incapaci di porci in modo adeguato con i nostri alunni e, man mano che si susseguivano le scosse, ci siamo resi conto della necessità di un intervento strutturato e più duraturo nel tempo. Di qui la proposta fatta a Save the Children di realizzare un ulteriore corso di formazione rivolto ai docenti che si realizzerà prossimamente. Gli incontri a cui abbiamo partecipato sono stati per tutti noi fondamentali, abbiamo fatto tesoro dei consigli degli psicologi su come comportarci e questo ci ha aiutato ad acquisire consapevolezza”.

Qualcosa di simile si sarebbe dovuto svolgere in tutte le scuole cittadine, ovviamente non ad opera esclusivamente di associazioni di volontariato. Sarebbe stato necessario, fondamentale, in particolare per le scuole superiori. Che, occorre ricordarlo, sono frequentate anche da ragazzi e ragazze provenienti dal territorio provinciale (e non solo), quindi tra loro ci sono numerosi studenti che hanno vissuto più da vicino il terremoto e le sue terribili conseguenze. Senza dimenticare che, comunque, i duri effetti (materiali e psicologici) della lunga emergenza sisma si sono fatti sentire anche in tantissimi ragazzi della nostra città, quindi un percorso simile a quello fatto all’Its sarebbe stato indispensabile in tutti gli altri istituti cittadini.

Anche perché sarebbe stato un importante supporto per i ragazzi ma anche per gli stessi insegnanti, aiutandoli a capire che inevitabilmente una situazione complessa e straordinaria come quella che si sta vivendo quest’anno avrebbe necessitato da parte loro di un approccio differente, di una sensibilità e di un’attenzione maggiore nel comprendere le inevitabili difficoltà di tanti ragazzi. In assenza di un simile supporto, di fatto tutto è stato lasciato alla sensibilità dei singoli dirigenti scolastici, dei singoli insegnanti. Qualcuno questa sensibilità fortunatamente l’ha avuta.  Ci ha colpito ed impressionato favorevolmente, ad esempio, il racconto di alcuni genitori dei ragazzi che frequentano il Liceo Delfico di Teramo dove la dirigente Loredana Di Giampaolo ha più volte esortato gli insegnanti ad avere in questo anno scolastico una maggiore elasticità nel comprendere le difficoltà e le debolezze dei ragazzi, anche e soprattutto da un punto di vista del rendimento scolastico (che, ovviamente, non vuol dire promuovere comunque tutti, tanto per capirci…), ad avere un atteggiamento più comprensivo e meno intransigente, cercando soprattutto di aiutarli maggiormente.

Purtroppo non si hanno notizie di simili iniziative in tante altre scuole, siamo invece a conoscenza del fatto che in alcuni consigli di classe tra docenti e rappresentanti dei genitori si è parlato di questi argomenti, si è concordato sulla necessità di avere un atteggiamento di  un certo tipo nei confronti dei ragazzi. Poi, però, come al solito dipende sempre tutto dalle differenti sensibilità, ci sono insegnanti con una profonda umanità e una ancora più profonda sensibilità che hanno concretamente mostrato con i fatti di aver compreso la particolarità della situazione. Ma, purtroppo, ci sono altri insegnanti (per fortuna una parte minoritaria) che se ne sono assolutamente infischiati, anzi, in una sorta di incomprensibile e inaccettabile contrappasso,  hanno fatto e stanno facendo di tutto per rendere ancora più difficile e complesso un anno scolastico che da difficile e assolutamente particolare, rischia di trasformarsi in un vero e proprio incubo per diversi ragazzi.

Un vero peccato, non solo per i ragazzi stessi, ma anche per gli insegnanti e per quel concetto di scuola come fondamentale punto di riferimento dei nostri ragazzi, della nostra società che, di fronte a determinati comportamenti, appare sempre più un’utopia irrealizzabile nel nostro paese.

 

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