L’altra faccia della solidarietà: i volontari delle Brigate di Solidarietà Attiva


Con i campi a San Cipriano (Amatrice) e Norcia e con le loro staffette le BSA sono il vero punto di riferimento per centinaia di “terremotati”. Nati nei giorni successivi al terremoto dell’Aquila, propongono un sistema di risposta alle emergenze in perfetta antitesi con quello “verticale” della Protezione civile, basato su mutualismo e autodeterminazione

Per capire chi sono e come sono considerati i volontari delle Brigate di Solidarietà Attiva (BSA) dalle popolazioni colpite dal terremoto è sufficiente osservare come vengono accolti dalle persone raggiunte dalle loro staffette di consegna aiuti a domicilio.

Adriana, una 83enne che da mesi vive sola in una roulotte (casa inagibile) a fianco dei suoi animali  nella sperduta frazione di Osoli (Roccafluvione), come li vede arrivare si presenta con un vassoio con caffè e biscotti. Magdalena, una donna originaria della Polonia con un figlio nato da poche settimane, li rimprovera dolcemente perché avrebbe voluto cucinare il pranzo per loro. Elena, un’ottantenne di Bisignano che vive insieme al fratello e a due nipoti tornati dall’Inghilterra e al momento senza lavoro in un paese praticamente fantasma, non finisce mai di ringraziarli e, prima che se ne vadano, gli ricorda che ogni mattina lei prega per loro, per quelli che definisce i suoi “angeli”. C’è, poi, il proprietario (di origine sarda) di un agriturismo poco fuori Amandola, al momento chiuso in seguito alle lesioni subite dal terremoto, che non finisce mai di abbracciarli e che ha aperto per loro una bottiglia di Vermentino di Gallura.

staffettaD’altra parte, però,  per Adriana, Magdalena, Elena e per tante altre persone che si trovano nella loro stessa situazione Valerio, Gianmarco, Giovanni e tutti i volontari delle BSA sono l’unico vero punto di riferimento in questo interminabile e difficilissimo post terremoto. E questo la dice lunga da un lato sulle gravi mancanze delle istituzioni ma, dall’altro, anche sull’importanza di una realtà come quella della BSA. Abbiamo trascorso con loro, per provare a conoscerli più a fondo , un paio di giornate, accompagnandoli in uno dei loro servizi di staffetta (dalle 9 alle 21, oltre 300 km effettuati partendo dal punto di raccolta di Colli del Tronto passando per San Benedetto, Acquasanta, Centrale, Cagnano, Osoli, Roccafluvione, Uscerno, Bisignano, Montegallo, Comunanza e Amandola) e trascorrendo alcune ore nel loro campo di San Cipriano ad Amatrice. E, prima di ogni altra considerazione, è giusto evidenziare che abbiamo avuto la fortuna di conoscere dei ragazzi e delle ragazze davvero straordinarie, che ti fanno tornare un pizzico di ottimismo in più sul futuro di questo paese.

C’è Valerio, infaticabile e continuamente in giro per staffette con il furgone,  che è venuto da Cattolica ed è qui da diverse settimane e inizia a sentire un po’ di nostalgia di casa. Ma, poi, ti confessa che non vorrebbe mancare a nessuna delle iniziative messe in campo dalle BSA. C’è Gianmarco che con la sua travolgente simpatia riesce subito a farsi volere bene da chiunque ma che, tra una battuta e l’altra, ha sempre la capacità di ascoltare e fornire importanti indicazioni a chi ne ha bisogno. C’è Patrizia che viene da Mirandola e ha vissuto sulla propria pelle il terremoto in Emilia e ora non si staccherebbe mai da questi posti. “Quando sono a casa non riesco a pensare ad altro e mi prende la nostalgia” ci confessa. C’è Marco che a Brescia è un operatore sociale e che per venire qui al campo di San Cipriano ha preso 15 giorni di ferie. C’è Verusca che è un importante punto di riferimento per le piccole attività del luogo che fanno parte del progetto filiera antisismica.

campo bsaLoro e altre decine di volontari che fanno parte delle BSA sono il volto migliore, l’aspetto più positivo, ammesso che ce ne possa essere uno, di questa lunga emergenza terremoto. “Stanno svolgendo un lavoro straordinario dal primo giorno ci danno supporto da ogni punto di vista. L’umanità e la sensibilità di queste persone è l’unica cosa che ci dà la forza di andare avanti” ci confessa Roberto di Amatrice che con il terremoto ha perso la casa e la sua attività. Per lui, come per tanti altri suoi concittadini, quel tendone blu e quel gran container che rappresentano il quartier generale delle BSA sono l’unico squarcio di un qualcosa che assomiglia vagamente alla vita ante terremoto in un paese che, assediato da militari e forze dell’ordine e invaso da macerie e da cantieri, è diventato l’emblema del caos.

Siamo arrivati qui il giorno dopo il terremoto – ci racconta Luca, volontario di Roseto degli Abruzzi – con un progetto in itinere. La nostra prima preoccupazione è stata quella di realizzare una mappatura del territorio attraverso le staffette per effettuare un censimento dei problemi e delle necessità delle persone colpite dal terremoto”. In brevissimo tempo quel campo è diventato uno dei pochissimi spazi sociali per Amatrice e per le zone limitrofe. Ma le BSA non sono presenti solamente nella località simbolo del terremoto del 24 agosto. Subito dopo quella terribile notte sono arrivati ad Acquasanta Terme dove per settimane hanno gestito, insieme al Comune, ai richiedenti asilo e ad alcuni sfollati, la mensa del campo locale. Un altro campo è tuttora presente a Norcia.

In quei luoghi i ragazzi delle BSA non hanno solo dato da mangiare a centinaia di persone (soprattutto nei giorni immediatamente successivi alle varie scosse), non hanno solo fornito loro beni di prima necessità e, cosa di certo non meno fondamentale, quel pizzico di calore umano indispensabile in quei frangenti. Hanno organizzato all’interno di quei punti di ritrovo dei veri e propri sportelli informativi per informare i cittadini sui loro diritti, sui contenuti dei decreti del governo, raccogliendo le richieste e le proposte dei “terremotati”, mettendo loro a disposizione tecnici, legali, ingeneri edili in grado di occuparsi della situazione degli edifici danneggiati, organizzando incontri con i piccoli produttori agricoli, con le piccole aziende del posto per spiegare loro le opportunità che possono dar vita ad una lenta e faticosa ripresa. Addirittura sabato prossimo (8 aprile), sempre nel campo di San Cipriano verrà presentato il vademecum “Guida pratica per i diritti dei cittadini colpiti dal terremoto”, a cura dello studio legale AlterEgo, che le BSA mettono a disposizione delle popolazioni colpite dal terremoto.

In poche parole verrebbe da dire che i ragazzi e le ragazze delle BSA stanno facendo quello che avrebbero dovuto fare le istituzioni, a partire dallo Stato fino ad arrivare a Regioni, Province e Comuni. Da quei campi e dai poli logistici di Colli del Tronto  e Fermo in queste settimane sono partite centinaia di staffette che hanno consegnato a chi ne aveva bisogno quintali di beni di prima necessità ma non solo. Oltre la tradizionale staffetta per la consegna dei beni , le BSA in queste settimane hanno attivato anche la staffetta socio-sanitaria, la staffetta diritti dei cittadini e la staffetta filiera antisismica (vedi in fondo all’articolo).

Al di là di tutto, però, ciò che è più importante è che ogni consegna, ogni incontro è un’occasione per ascoltare e comprendere i tanti problemi che stanno affrontando queste persone ma anche per renderle edotte sui loro diritti e su quello che si può concretamente fare. Non a caso sono proprio le BSA, con la loro opera di ascolto, che hanno portato a galla un fenomeno purtroppo fisiologico, ma non per questo vergognoso, cioè la speculazione sugli affitti, con diversi proprietari di case che hanno raddoppiato o triplicato gli affitti con l’obiettivo di accaparrarsi l’intero contributo di autonoma sistemazione fornito dal governo alle famiglie terremotate. E sempre grazie a loro che è venuta a galla la sconcertante vicenda di Pieve Torina, dove il sindaco si è schierato dalla parte di quei cittadini che volevano installare dei container davanti alle proprie case inagibili, assumendosene la responsabilità e sfidando una delibera della Regione Marche che minacciava di denuncia i cittadini che avessero fatto un simile passo. Nei due campi e nel corso delle tante staffette, i ragazzi delle BSA raccolgono e supportano la rabbia e lo scoramento di chi si sente abbandonato.

Sono rivendicazioni legittime – ci spiega Luca – a 7 mesi dal sisma la situazione è molto difficile, oltre alla rabbia c’è la delusione e il disincanto per le promesse non mantenute, di fronte al continuo rimandare, procrastinare perdono speranza. E il nostro principale obiettivo è quello di cercare di convogliare quella rabbia in autoorganizzazione, cerchiamo di stimolare la loro partecipazione attiva, di coinvolgerli nelle pratiche della gestione dell’emergenza per ripristinare una coscienza collettiva che permetta loro di auto organizzarsi e di avviare un percorso di autodeterminazione”. Ed è proprio questo che differenzia le BSA, che rende unica e indistinguibile la loro esperienza.

Perché quello delle BSA non è e non sarà mai un intervento di puro e semplice assistenzialismo, il loro obiettivo è quello di mettere in contatto e convogliare chi si trova in una determinata situazione con le realtà associative del territorio, di alimentare e sostenere, attraverso pratiche di mutualismo e solidarietà, i piccoli comitati di lotta che sono sorti un po’ ovunque nel vasto territorio del cratere. Praticamente è il tentativo di portare avanti un sistema di risposta a questo genere di catastrofi che sia completamente differente da quello proposto fino ad ora, di dimostrare che quella che porta avanti il governo insieme alla Protezione Civile, cioè una risposta calata e imposta dall’alto, non è l’unica possibile e neppure la più congeniale. Per le BSA quel sistema di tendopoli, simili a piccole caserme, se da un lato sicuramente offre un riparo dall’altro, insieme con l’allontanamento della popolazione dai luoghi di residenza contribuisce alla distruzione sociale.

Ancor più, poi, con la successiva fare di costruzione di moduli abitativi di scarsa qualità che spesso si trovano lontanissimi dal nucleo abitativo originale. La loro è una sfida, una scommessa difficile che parte dall’idea di applicare, nei luoghi colpiti dal disastro, una modello “a presa diretta”, senza una logistica e un programma organizzativo precedente ma con la convinzione che solo una volta sul luogo si può capire cosa serve alle popolazioni, come si possono aiutare a ripartire. Ed è proprio quello che hanno fatto e che stanno facendo sul territorio del cratere, con i campi ad Amatrice e Norcia e con le staffette.

Come ci spiega un volontario “se dove abbiamo operato la popolazione si organizza e partecipa attivamente nella fasi della ricostruzione, approcciandosi e confrontandosi con le istituzioni locali e nazionali, allora significa che il nostro intervento ha avuto un senso. Se invece non nasce nulla, magari avremo anche assistito bene la popolazione ma per noi è come aver fallito”. Mutualismo e presa di voce da parte dei terremotati, l’esatto contrario della verticalità del sistema di Protezione civile. E non è certo un caso che le BSA siano nate nei giorni successivi al terremoto del 2009 a L’Aquila, cioè proprio nell’occasione in cui quel sistema verticale della Protezione civile si è palesato nella sua massima espressione (e con i risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti).

In quell’occasione, nelle ore immediatamente successive al sisma, diversi volontari  provenienti da tutta Italia si sono recati in Abruzzo a portare soccorsi, organizzandosi allo scopo di far arrivare altre persone. E dopo aver collaborato con la Protezione civile, gestendo insieme anche un campo nella frazione di Tempera, a fine settembre, quando chiusero le tendopoli, costituirono legalmente le Brigate di Solidarietà Attiva proprio per promuovere l’idea di una partecipazione popolare, di un intervento spinto dal basso. Da allora la crescita della BSA è stata continua ed oggi sono una federazione presente su tutto il territorio italiano e in molte città, comprese le più importanti. Dopo L’Aquila erano anche in Emilia in occasione del terremoto del 2012, ma in questi anni sono stati presenti anche in altri terreni di lotta sociale. In occasione di questa nuova emergenza terremoto hanno ricevuto un gran numero di richieste di volontari che hanno deciso di mettersi in gioco e dare un concreto aiuto.

Ed ora che pian piano i riflettori si stanno spegnendo, la loro presenza, la loro incessante opera, il loro impegno sono l’unico vero punto di riferimento per centinaia e centinaia di persone che altrimenti si sentirebbero sole e abbandonate.

LE STAFFETTE DELLE BSA

Staffetta rossa. Consegna generi di prima necessità vestiti e materiale vario, recapita le informazioni su ordinanze e direttive al maggior numero possibile di nuclei familiari

Staffetta socio-sanitaria. Intercetta problematiche di vita quotidiana che saranno poi riferite per espletamento agli sportelli delle BSA o all’assistente sociale del territorio. Intercetta problematiche di tipo psicologico e sanitarie.

Staffetta diritti dei cittadini. Diffonde i diritti di ogni cittadino al fine di una maggiore consapevolezza. Informa e forma su come accedere alle sovvenzioni previste e promuove pratiche di autorganizzazione.

Staffetta filiera antisismica. Mette in contatto i produttori della filiera agroalimentare con i Gap, Gas, Gasp ristoranti e botteghe rionali dopo aver effettuato un attento censimento delle aziende produttrici e verificate le tipologie di prodotti oltre che la qualità e la loro stagionalità

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