Il buon giornalismo esiste anche in Italia, omaggio a Milena Gabanelli


Dopo 19 anni la Gabanelli ha condotto ieri sera per l’ultima volta “Report”, un programma che è diventato un cult per chi ama il giornalismo d’inchiesta basato esclusivamente sulla ricostruzione minuziosa e attenta dei fatti. Un modo di intendere il giornalismo che, purtroppo, nel nostro paese è sempre più in via d’estinzione…

Per chi ama davvero questa professione è impossibile oggi non tributare il doveroso omaggio a chi in questi anni ha dimostrato che anche in questo paese si può fare Informazione con la i maiuscola, di qualità, incalzante e intransigente con il potere, senza per questo dover ricorrere a sberleffi, insulti, attacchi personali. Naturalmente stiamo parlando di Milena Gabanelli che ieri sera, dopo 19 anni di onorato servizio, ha condotto per l’ultima volta “Report”, un programma che è subito diventato un cult per chi ama il giornalismo d’inchiesta, intransigente ma non urlato, basato esclusivamente sulla ricostruzione minuziosa e attenta dei fatti e non sulle opinioni.

Un modo di intendere l’informazione che, purtroppo, nel nostro paese è sempre più in via di estinzione, con il prepotente affermarsi di un tipo di giornalismo urlato con tanti “cani rabbiosi” (in antitesi con la definizione anglosassone di “watchdog journalism”, giornalismo come cane da guardia del potere) ai quali poco o nulla interessano i fatti, troppo presi ad aggredire verbalmente, umiliare, distruggere quelli che sono considerati dei veri e propri nemici. Già, d’altra parte è troppo difficile e poco conveniente raccontare i fatti per quello che è diventato oggi gran parte del giornalismo italiano.

Senza fatti si può sostenere tutto e il contrario di tutto, i fatti spesso possono diventare una complicazione, un fastidio, soprattutto quando l’obiettivo non è quello di informare ma semplicemente sostenere o screditare una parte.  “Fare il giornalismo d’inchiesta non è mai facile, soprattutto in Italia – ha confessato nei giorni scorsi la Gabanelli – bisogna scavare, approfondire, soprattutto non bisogna partire da tesi precostituite. E’ un lavoro faticoso ma credo che il compito di un giornalista, ancora di più se nel servizio pubblico nazionale, sia quello di informare correttamente e non di creare tesi di parte”.

Parole che, sempre accompagnate da fatti e comportamenti in perfetta coerenza con quanto dichiarato, sono musica per chi ha sempre visto il giornalismo in una certa maniera e non sopporta più un certo modo di fare informazione ormai ampiamente diffuso nel nostro paese dove esistono sempre meno giornalisti “obiettivi” (che non significa non avere una propria simpatia o preferenza per questa o quella parte politica) e sono sempre più gli ultras il cui unico obiettivo è quello di vedere demolito, umiliato, distrutto quello che è considerato un avversario.

Di fronte a questo modo barbarico di intendere il giornalismo, la Gabanelli con le sue inchieste ha dimostrato come possa essere molto più scomodo e al tempo stesso ficcante raccontare minuziosamente i fatti, descrivere cosa accade e porre delle domande precise e circostanziate, piuttosto che urlare, insultare e sbeffeggiare. Nei quasi 20 anni alla guida di Report numerose sono le inchieste che hanno fatto la storia, che hanno lasciato un importante segno. Da quella sui derivati, che mandò su tutte le furie l’allora ministro Tremonti (con il quale poi ebbe un successivo durissimo scontro in seguito all’inchiesta sui conti e sul patrimonio immobiliare del cognato del ministro), a quella sul mercato della carne e sul gruppo Cremonini, da quella sull’Eni a quella sull’Alitalia. Da quelle su Geronzi e Tanzi a quella sull’alimentazione biologica, “Come bio comanda”, andata in onda ad inizio ottobre.

Memorabile resterà il tentativo di Silvio Berlusconi di bloccare e di non far andare in onda lo scoop realizzato dalla Gabanelli e dalla sua redazione sulle ville dell’ex premier ad Antigua, così come nelle settimane scorse il duro attacco nei suoi confronti da parte di Angelino Alfano che ha fatto di tutto per evitare di far andare in onda l’inchiesta sui presunti privilegi accordati all’azienda del fratello del ministro dell’Interno.

Come avviene sempre in Italia, osannata e difesa fino allo strenuo fino a quando si occupava degli “altri”, puntualmente ha subito gli strali e veementi attacchi dai suoi difensori di una volta quando ha osato andare ad indagare e fare domanda in “casa loro”.  Emblematico quanto accaduto con il Movimento 5 Stelle, a lungo grande sostenitore della Gabanelli.

Almeno fino al 19 maggio 2013  quando, all’interno dell’inchiesta “Il Transatlantico delle nebbie” che si occupava dei costi del Parlamento, dei partiti ed anche di alcuni giornali di partito (in particolare dell’Unità), la Gabanelli si è occupata anche della “trasparenza” dei costi del blog di Grillo. Non solo, al termine del servizio, la stessa conduttrice di Report ha rivolto due domande a Grillo (“Che fine fanno i proventi del suo blog?”, “Quanto guadagna la Casaleggio Associati dalla pubblicità sul sito?”) e un invito ai grillini. “Con 3 milioni di disoccupati smettetela di parlare di scontrini”.

Tanto è bastato per far terminare l’idillio,il blog di Grillo che fino a qualche settimana prima aveva sempre difeso Report, che addirittura, unico nel mondo dell’informazione, solo 15 giorni prima aveva denunciato l’aggressione subita dal cronista della trasmissione di Raitre che cercava di avvicinarsi all’amministratore unico della Società Italiana Elicotteri, Andrea Pardi, ha “aperto il fuoco” contro la Gabanelli, con la veemenenza e la violenza verbale tipica della parte più calda del Movimento, con in testa il suo fondatore. Che, come ha subito il trattamento che solitamente la giornalista riservava agli altri politici, ha reagito nello stesso identico modo .

Nulla di strano e di nuovo, quello che è accaduto alla Gabanelli è il destino che spetta a chi mette al primo posto il desiderio di informare sempre e comunque, a prescindere da chi sia il destinatario delle proprie attenzioni. E pensare che solo qualche settimana prima la conduttrice di Report era risultata la più votata alle “Quirinarie”, le votazioni on line degli iscritti al Movimento 5 Stelle per scegliere il proprio candidato alla presidenza della Repubblica. “Sono commossa e assolutamente sopravvalutata” aveva commentato allora la Gabanelli che, però, nonostante il grande riconoscimento ricevuto dagli iscritti al Movimento, appena un mese dopo non si è fatta alcuno scrupolo di occuparsi della scarsa trasparenza che c’è intorno agli introiti del blog di Grillo.

“Tutte le cose belle prima o poi finiscono” recita un vecchio saggio popolare. E così ieri sera, abbracciata all’inviato della trasmissione e amico di una vita Bernardo Iovene, la Gabanelli ha salutato i telespettatori di Report con la canzone “As time goes by”, scritta da Herman Hupfeld nel 1931 ma resa famosa dal film “Casablanca”. “Al mio posto da primavera ci sarà Sigfrido Ranucci, mio coautore da tanto tempo, insieme alla formidabile squadra che ormai conoscete – ha scritto un paio di giorni fa la giornalista sulla sua pagina Facebook – Report andrà avanti per la sua strada e di questo sono felice. Tuttavia mi mancherete e volevo dirvelo”.

Mancherà tanto anche a noi e a tutti quelli che amano profondamente questa professione, quell’idea e quel modo di fare giornalismo che ha trovato nella Gabanelli e nel suo Report probabilmente i migliori rappresentanti e che, di contro, soffrono nel vedere il livello sempre più basso in cui è sprofondata l’informazione italiana. Come, purtroppo, testimoniano in maniera sin troppo eloquente gli eventi di questi giorni, tra la guerra di informazioni “drogate” che si è scatenata sul referendum, l’imbarazzante happening (e l’ancora più imbarazzante modo con il quale è terminato) organizzato dall’Ordine dei giornalisti con Davide Casaleggio e, a livello locale e le ignobili speculazioni che ancora una volta si sono scatenate intorno alla vicenda dell’omicidio di Emannuel a Fermo.

bookmark icon