C’era una volta il conflitto di interessi…


Da emergenza nazionale quando Berlusconi è comparso sulla scena politica italiana, il conflitto di interessi è ora finito nel dimenticatoio. Anche perché chi allora urlava allo scandalo (centrosinistra prima, il Movimento 5 Stelle poi) oggi è protagonista di situazioni analoghe…

C’era una volta Silvio Berlusconi e, contemporaneamente, c’era una volta in Italia il grave problema del conflitto di interessi. Che, come sosteneva già allora il giornalista del Corriere della Sera Sergio Rizzo, in realtà nel nostro paese esisteva ed era ampiamente diffuso a tutti livelli della società italiana da molto prima della comparsa sulla scena politica del proprietario di Mediaset, secondo Rizzo solo “l’ultimo erede di un sistema consolidato”. Prima di cercare di capire perché per anni il conflitto di interessi è stato al centro dell’attenzione, mentre ora sembra quasi finito nel dimenticatoio, è opportuno innanzitutto provare a definire cosa sia.

In genere il conflitto di interessi viene definito quella situazione in cui l’interesse secondario (finanziario o non finanziario) di una persona interferisce o rischia di interferire con l’interesse primario di una comunità verso la quale quel soggetto ha precisi doveri e responsabilità. In altre parole si ha una condizione di conflitto di interessi quando viene affidata un’alta responsabilità decisionale ad un soggetto che abbia interessi personali o professionali in contrasto con l’imparzialità richiesta da tale responsabilità che può venire meno a causa degli interessi in ballo. Per quanto riguarda un governante, un amministratore il conflitto di interessi può essere esteso a tutta la sua attività ma anche essere parziale, cioè riguardo alcune materie e alcuni aspetti della sua attività.

Come sottolineava giustamente Rizzo, la prepotente irruzione di Silvio Berlusconi nel mondo politico italiano ha avuto solo l’effetto di rendere palese un problema già ampiamente esistente, provocato da una legislazione insufficiente e non all’altezza di quella che regola la materia nei principali paesi occidentali.  Ora, però, che il leader di Forza Italia è finito ai margini della scena politica italiana, il conflitto di interessi non sembra essere più un’emergenza nazionale.

Sarebbe bello poter pensare che ciò è determinato dal fatto che, senza Berlusconi, non ci sono più situazioni così eclatanti, così evidenti.  E sarebbe ancora più confortante poter immaginare che a rendere meno grave la situazione abbia contribuito il primo via libera alla Camera, arrivato nella primavera scorsa, alla nuova legge sul conflitto di interessi che potrebbe aiutare il nostro paese ad avvicinarsi a quanto avviene nel resto dell’Europa. Sarebbe bello perché significherebbe una crescita del nostro paese.

Purtroppo, però, la realtà è molto più cruda e completamente differente e ci dice che, se l’attenzione è scemata su questo argomento, è innanzitutto perché chi ha sempre gridato contro il mega conflitto di interessi di Berlusconi, a sua volta oggi è protagonista di situazioni per certi versi analoghi. E non stiamo parlando solo del Pd che, per altro, anche quando il leader di Forza Italia era in auge aveva al suo interno diverse situazioni imbarazzanti (che continuano ad esserci anche tuttora), tanto che, al di là di “strepitare”, in concreto non ha poi fatto nulla per sanare questa situazione, anche quando ne aveva l’opportunità (cioè era al governo).

Parliamo anche del Movimento 5 Stelle che, con Beppe Grillo in testa, per anni ha denunciato questa situazione e anche fino a qualche mese fa, quando la nuova legge era in discussione, ha gridato allo scandalo. Invece anche loro alla fine sono tutt’altro che immuni al problema del conflitto di interessi, tra le vicende del sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, l’assessore capitolino Paola Muraro e, soprattutto, il sindaco Raggi e lo scandalo della pubblicazione degli atti del Comune sul blog di Grillo.

Verrebbe da citare la Bibbia, in particolare il passo del Vangelo secondo Giovanni su “La pericope dell’adultera” (più comunemente conosciuto come l’episodio di “Gesù e l’adultera”), con il famoso “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. E in effetti ormai è evidente che nessuno dei partiti italiani, da questo punto di vista, “è senza peccato”. Eppure molti di loro in questi anni, ma anche fino a qualche mese fa, di pietre ne hanno scagliate e non poche.

Come dimenticare, ad esempio, le dure e le veementi accuse che i leader e gli esponenti del centrosinistra per anni hanno lanciato nei confronti di Berlusconi. Beninteso, c’erano tutte le ragioni per farlo, quello del leader di Forza Italia era un cicloscopico caso di conflitto di interessi, rappresentato dalla titolarità contemporanea, in prima persona o per mezzo di familiari, di funzioni pubbliche, di importanti cariche nel gruppo televisivo Mediaset e di ingenti proprietà nel settore assicurativo, sportivo, edile, editoriale. Per alcuni giuristi e costituzionalisti, addirittura, un simile conflitto di interessi avrebbe dovuto determinare l’impossibilità di essere eletti.

Certamente non siamo a questi livelli ma non sono mancati negli anni e non mancano tuttora casi in cui si è manifestato un palese conflitto di interessi anche nel centrosinistra, nel Pd. Parlando dell’attuale governo sin dalla sua nascita si è discusso della posizione del ministro dello sviluppo economico Federica Guidi che poi ha rassegnato le dimissioni in seguito all’inchiesta di Potenza che ha coinvolto il suo compagno. In molti hanno inutilmente chiesto le dimissioni del ministro Maria Elena Boschi, invocando il conflitto di interessi per la vicenda di Banca Etruria nella quale era coinvolto il padre.

Ma tante sono le situazioni anche a livello a locale, da Modena dove consiglieri comunali e assessori del Pd sono stati e sono anche presidenti di cooperative che hanno rapporti con il Comune, ad Alessandria, con alcuni esponenti Pd dell’amministrazione comunale ai vertici di società e associazioni che hanno spesso ottenuto fondi dall’amministrazione comunale stessa. Clamoroso è , poi, il caso di Vasto dove il sindaco Menna e la su giunta hanno di recente approvato una variante al piano regolatore per dare il via libera ad un progetto per un nuovo villaggio turistico il cui progettista è la madre del primo cittadino. Insieme al centrosinistra, anzi con maggiore veemenza e convinzione, anche il Movimento 5 Stelle ha ripetutamente denunciato prima il conflitto di interessi di Berlusconi, poi la posizione ambigua del Pd e le tante situazioni in cui erano coinvolti gli stessi esponenti del partito democratico.

Sembrava davvero che i grillini fossero gli unici seri paladini e gli unici interessati realmente ad adeguare l’Italia al resto d’Europa in questo settore. “Il Movimento 5 Stelle vuole una legge seria sul conflitto di interessi” scriveva Beppe Grillo sul suo blog a primavera quando alla Camera era in discussione un disegno di legge sulla materia che il Movimento 5 Stelle definiva un provvedimento “fasullo”. Poi, però, anche loro con il passare dei mesi sembrano essersi dimenticati di quella che ancora a primavera definivano un’emergenza nazionale.

In realtà, non se ne sono dimenticati affatto, anzi, dopo aver conquistato alcune importanti amministrazioni hanno subito imparato la lezione e, esattamente come gli altri partiti, l’hanno messa in pratica. Prima l’imbarazzante vicenda del sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, implicato nella vicenda delle case abusive che, pure, ha deciso di tenere per se la delega all’Urbanistica, cioè l’assessorato che doveva occuparsi della vicenda, dell’eventuale condono edilizio e della pianificazione urbanistica della città. Poi il caso di Paola Muraro per molti in palese conflitto di interessi con l’incarico che ricopre (assessore all’ambiente ), essendo stata per 12 anni superconsulente dell’Ama e avendo anche collaborato con una società di Milano, la Bioman, che ha gestito lo smaltimento dell’umido a Roma.

E proprio nella capitale, nei giorni scorsi, è scoppiato lo scandalo più clamorosi che coinvolge il sindaco Raggi e lo stesso Beppe Grillo. Il primo cittadino romano, invece di utilizzare il sito e i canali di comunicazione del Comune, ha infatti deciso di utilizzare proprio il blog di Grillo per la comunicazione istituzionale. Così nei giorni scorsi la notizia dell’arrivo dei 150 nuovi bus nella Capitale è finita sul blog del leader dei 5 Stelle, così come la delibera sul gioco d’azzardo e tutto quanto concerne l’attività amministrativa della giunta Raggi.

Chiaro ed evidente, in questo caso, il conflitto di interessi, pubblicando l’attività amministrativa sul blog di Grillo il sindaco contribuisce ad aumentare gli utenti unici e le pagine visualizzate del blog stesso, con conseguente ritorno economico. Infatti il traffico che produce la Raggi con le comunicazioni istituzionali fa alzare i valore dei banner pubblicitari che si trovano nel blog stesso che, secondo una stima di mercato contenuta, fruttano 30-40 centesimi ogni mille visualizzazioni.

Una boccata di ossigeno per Grillo, il cui blog nel giro di un anno ha perso oltre mezzo milione di utenti (passando da 1 milione di utenti al mese di agosto 2015 a 420 mila utenti ad agosto 2016), una situazione imbarazzante e inaccettabile per diversi motivi. Al di là dell’evidente conflitto di interessi (la scelta del sindaco produce un evidente ritorno economico per il leader del suo Movimento), c’è anche una questione di lealtà e correttezza nei confronti di tutti quei cittadini romani che non l’hanno votata e che non si riconoscono nel Movimento 5 Stelle (la maggioranza) che, pure, se vogliono informarsi sull’attività della giunta capitolina devono obbligatoriamente andare sul blog del Movimento 5 Stelle.

Potete immaginare se una cosa del genere l’avesse fatta Berlusconi, se le comunicazioni istituzionali, quando il leader di Forza Italia era presidente del Consiglio, fossero state pubblicate invece che sui siti internet del governo e del Parlamento magari sui siti o sulle reti Mediaset? Naturalmente la vicenda sta suscitando grande scalpore, con in arrivo interrogazioni in Parlamento anche per far luce sul tornaconto economico di questo clickbaiting istituzionale.

Secondo alcuni un simile conflitto di interessi è espressamente previsto nel famoso contratto fatto firmare ai candidati sindaci prima delle elezioni. In realtà, però, ai punti 4 e 5 si legge solo che “lo strumento ufficiale per la divulgazione delle informazioni e la partecipazione dei cittadini” è il blog di Grillo e che “sindaco, assessori e consiglieri del M5S dovranno informare gli iscritti con cadenza periodica mediante pubblicazione di video sul canale YouTube del Movimento 5 Stelle”.

Nel contratto, quindi, si parla solo delle modalità con le quali bisogna informare gli iscritti, non su come gestire la comunicazione istituzionale. Non a caso, infatti, il sindaco di Torino Chiara Appendino, anche lei del Movimento 5 Stelle, usa correttamente i siti e tutti i mezzi di informazione del Comune per rendere note le informazioni istituzionali, limitando al minino gli interventi sul blog e, comunque, solo di natura politica e non amministrativa.

Torniamo al punto di partenza, alla citazione biblica del “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” che ci dovremo ricordare quando la nuova legge sul conflitto di interessi arriverà al Senato per la sua approvazione definitiva (almeno si spera…). In quell’occasione dovremo ricordarci che sia chi ha proposto la legge, sia chi strepita e la contesta ritenendola troppo morbida in realtà non hanno alcun interesse reale per vedere finalmente approvata una seria normativa in materia…

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