Si allarga nella nostra regione la forbice, con l’occupazione maschile in decisa crescita mentre quella femminile continua a scendere. Diminuisce anche il tasso di occupazione femminile e aumenta anche la differenza tra uomini e donne nelle retribuzioni
Non è una regione per donne, almeno per quanto riguarda l’occupazione. In realtà forse sarebbe più esatto dire che non è un paese per donne, visto che i numeri negativi sull’occupazione femminile non sono certo un problema e un fenomeno che riguarda solo le Marche.
Certo, però, che i dati forniti dall’Istata ed elaborati dall’Ires Cgil Marche relativi all’occupazione nel terzo trimestre 2017 sono in tal senso assolutamente significativi. Se, infatti, per la prima dopo tanti anni il tasso di occupazione nella nostra regione fa registrare un pur minimo segno positivo (+0,1), analizzando meglio il dato regionale si scopre che è determinato da una discreta crescita dell’occupazione maschile (+2,5%) a cui fa da contraltare, però, una consistente diminuzione di quella femminile (-3%). Si allargano, quindi, le differenze già piuttosto evidenti, con il tasso di occupazione maschile che sale al 71,6% mentre quello femminile scende al 54,3%.
Complessivamente il numero di occupati nelle Marche si attesta sulle 625 mila unità, con una lievissima crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+0,1%), minore rispetto al dato nazionale (+0,3%). Diminuisce in maniera considerevole (-2,6%) il numero di marchigiani in cerca di lavoro. Ma anche in questo caso il dato generale nasconde un differente andamento tra i due sessi. Se, infatti, la percentuale di uomini in cerca di occupazione scende sensibilmente (-7,1%), di contro continua invece a crescer il numero di donne disoccupate che cercano lavoro (+2,6%). Diminuiscono le persone in cerca di occupazione, prive di precedenti esperienze di lavoro o inattive, mentre aumentano disoccupati che hanno perso il lavoro che avevano. Diminuisce di poco (0,2%) anche il tasso di disoccupazione che resta sotto il 10% (9,7%), decisamente inferiore rispetto al dato nazionale (11,2%).
Certo se si pensa alla situazione nelle Marche prima della crisi c’è poco da essere soddisfatti, nel 2010 il tasso di disoccupazione nella nostra regione era quasi la metà rispetto ad ora (5,4%). Ma da allora sono passati tanti anni e la crisi ha radicalmente cambiato la situazione. Non si sbilancia molto la segretaria generale Cgil Marche, Daniele Barbaresi. “
I dati dell’Istat – afferma – forniscono un quadro con qualche luce ma con ancora troppe ombre, a partire dalle crescenti difficoltà di tante donne ad accedere nel mercato del lavoro. Inoltre, se questi dati vengono letti congiuntamente a quelli offerti dall’INPS, è facile capire come gran parte della nuova occupazione sia determinata da lavori precari e discontinui che peraltro nelle Marche raggiungono livelli tra i più alti in Italia, visto che meno di un’assunzione su dieci avviene con contratto a tempo indeterminato. Tutto questo rende ancora più evidente come i consistenti sgravi e agevolazioni per le imprese non siano serviti a rendere più stabile l’occupazione nè a promuovere una crescita, mentre si è abbassata la soglia dei diritti e delle tutele dei lavoratori. Serve pertanto un cambio di passo per mettere al centro l’occupazione e il lavoro di qualità”.
Nel complesso, comunque, si registrano positivi segnali di crescita, pur con tutte le cautele e le precisazioni del caso. Crescita che, come detto, continua a non riguardare l’occupazione femminile, con il conseguente peggioramento di una situazione che non ha eguali nel resto d’Europa. Dove, a fine 2016, solo in Grecia si registrava un tasso di occupazione femminile inferiore a quello italiano, che è fermo al 48,8%. Lontana la media europea (61,6%), per non parlare di paesi come Svezia, Norvegia e Germania che superano addirittura il 70%.
Altri dati evidenziano quanto ampia siano le differenze nel nostro paese per quanto riguarda il mondo del lavoro. Se in Europa le aziende a guida femminile superano il 40%, in Italia siamo appena al 21,8% nonostante il dato sia in crescita rispetto agli anni passati. Aumento che, per altro, è in gran parte determinato dalle aziende femminili italiani a guida straniera. Significativo anche il fatto che, pur essendo decisamente superiore la percentuale di donne tra i laureati (60% contro il 40% degli uomini), per le neo laureate è molto più difficile trovare lavoro entro 3 anni dalla laurea (35%) rispetto ai neo laureati maschio (46%).
Situazione simile anche per quanto riguarda i neo diplomati. Da sottolineare come sui dati dell’occupazione femminile italiana pesa in maniera particolare anche la difficoltà nel conciliare il lavoro con la famiglia, soprattutto per quanto riguarda le neo mamme. Solo nel 2016, ad esempio, quasi 50 mila donne hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro in occasione della maternità, mentre secondo l’Istata in Italia ci sono 22,5 posti in asilo nido ogni 100 bambini rispetto ai 34 del resto d’Europa.Significative anche le differenze per quanto riguarda le retribuzioni, con le donne che guadagnano in media l’11% in meno rispetto agli uomini, con stipendi annuali inferiori di oltre 3 mila euro.
Differenza che si amplia in caso di laureati, con le retribuzioni femminili inferiori di un terzo. A tal proposito va sottolineato come la situazione nelle Marche sia addirittura di gran lunga peggiore. Secondo gli ultimi rilevamenti Inps (fine 2016) nella nostra regione la differenza tra le retribuzioni maschili e femminile è di oltre 6 mila euro all’anno. In altri termini una lavoratrice dipendente nelle Marche riceve una retribuzione media lorda giornaliera di 64 euro, pari a 25 euro in meno rispetto a quella di un uomo.
Dati che dimostrano inequivocabilmente che, per quanto riguarda le pari opportunità nel capo del lavoro, la strada da fare nel nostro paese e nella nostra regione è ancora tantissima…