Ritorno al passato: Ascoli ferma ai tempi della lira…


In vista delle elezioni comunali del prossimo maggio, nel centrodestra cittadino si accende la disputa tra Celani, Antonini e Silvestri, mentre nel centrosinistra c’è chi propone come candidato sindaco Roberto Allevi. Siamo nel 2019 ma sembra di essere ancora ai primi anni del 2000…

Ci è capitato, quasi casualmente, nel mettere a posto e sistemare l’archivio di vecchi giornali, di soffermarci a rileggere la cronaca locale di inizio 2000. E sfogliando, ad esempio, alcuni giornali locali della primavera estate 2001 ci siamo resi conto che sembrano passati secoli da allora, tanto sono cambiate le cose rispetto a 18 anni fa. Presidente della Regione, ad esempio, era Vito D’Ambrosio che in quei giorni si doveva difendere dalle accuse per gli stipendi ritenuti eccessivi degli amministratori regionali, con il presidente che, senza contare benefit vari, portava a casa 12,5 milioni di lire al mese.

Il presidente della Provincia di Ascoli (ancora unita) Pietro Colonnella era invece alle prese con i problemi delle strade provinciali che necessitavano di interventi per la sistemazione. In quel periodo in Regione, inoltre, si si susseguivano le riunioni dei sindaci per discutere del piano sanitario, con la presenza di tutti i primi cittadini delle 13 zone territoriali. Scorrendo l’elenco dei partecipanti troviamo il sindaco di Pesaro Oriano Giovannelli, quello di Ancona Fabio Sturani, quello di Macerata Giorgio Meschini, quello di Civitanova Erminio Marinelli, Ettore Fedeli di Fermo, Domenico Martinelli di San Benedetto.

Per quanto riguarda il capoluogo piceno, il sindaco Piero Celani all’epoca era alle prese con la nuova pavimentazione di piazza Arringo, mentre l’assessore alla cultura Andrea Maria Antonini era alle prese con i mugugni per un cartellone di manifestazioni estive che appariva sin troppo grigio. L’assessore Giovanni Silvestri, invece, annunciava l’avvio in tutta la città del servizio di vigile di quartiere. Dall’opposizione un battagliero Roberto Allevi, dopo essersi leccato le ferite per la “batosta” elettorale, incalzava il sindaco sul futuro di piazza Arringo.

Come detto 18 anni dopo il mondo che c’è intorno è quasi completamente cambiato e di quei politici e amministratori di allora praticamente non c’è più traccia. La lira non esiste più, al suo posto c’è l’euro. La provincia di Ascoli è stata divisa, ora c’è anche quella di Fermo. Le zone territoriali sono state sostituite prima dall’Asur, poi dalle Aree Vaste (5, una per ogni provincia). D’Ambrosio da anni è in pensione, come lui Giovannelli. Di Meschini e Fedeli si sono perse le tracce, Sturani ora è al Coni, Marinelli e Martinelli sono tornati ad esercitare la loro professioni di medici. Tutto è cambiato, anzi è più giusto dire che quasi tutto è cambiato.

Nel senso che, mentre nel resto della regione (e anche nel resto del paese) sembrano trascorsi secoli, ad Ascoli invece il tempo sembra essersi fermato. E sfogliando in questi giorni i quotidiani locali (o leggendo i siti di informazione on line che all’epoca non esistevano…) si ha l’impressione di essere ancora nel 2001. Infatti, in vista delle elezioni comunali del prossimo maggio, si è acceso lo scontro, soprattutto nel centrodestra, per la scelta del candidato sindaco in grado di unire lo schieramento, con il concreto rischio (visto che i vari partiti sembrano molto distanti dal trovare un accordo) di presentarsi spaccati e con più di un candidato. Normali “screzi” politici, quello che, invece, è un po’ meno normale è che i nomi che sono in ballo sono, appunto, gli stessi di 20 anni fa.

C’è l’ex sindaco (ed ex presidente della Provincia e attuale consigliere regionale) Piero Celani che è il nome “più caldo” per Forza Italia ma che ha anche annunciato che è prontissimo, se il centrodestra volesse puntare su qualche altro nome, ad andare da solo, appoggiato da alcune liste civiche (capitanate da altri “evergreen” della politica locale come il “re di Porta Cappuccina” Luigi Lattanzi o l’inossidabile Valentino Tega). E’ singolare ricordare come, nella prima intervista che ci rilasciò come candidato sindaco nella primavera 1999 (di cui ancora conserviamo gelosamente la cassetta), Piero Celani si definì un professionista momentaneamente prestato alla politica. D’altra parte il tempo è un concetto assolutamente relativo e un momento può durare anche più di 20 anni…

In alternativa all’ex sindaco il nome proposto da Forza Italia è quello di Giovanni Silvestri, assessore da “una vita”, sempre presente nella compagine amministrativa sia con il primo che con il secondo mandato di Celani, così come nei due dell’attuale sindaco Castelli. Tanto che ormai nel capoluogo piceno è diventato l’assessore per antonomasia. Al punto che sembra impossibile immaginarlo come sindaco. Molto meglio, allora, pensarlo ancora come assessore (sempre che venga eletto un sindaco di quell’area), così potrà anche festeggiare le nozze d’argento…

Sempre nel centrodestra la Lega, forte dei successi nazionali, spinge per avere come candidato sindaco un proprio uomo, in particolare Andrea Maria Antonini. Scelto proprio da Piero Celani, nel lontanissimo 1999, come assessore alla cultura e poi in seguito con quel ruolo in Provincia, dove è stato anche assessore all’ambiente. Dell’attività politica di Antonini si potrebbe parlare a lungo. Chi ha un pizzico di memoria lo ricorda, ad inizio 1999 (come consigliere di Alleanza Nazionale), in piazza per protestare contro l’aumento delle indennità di sindaco e assessori deciso dalla giunta Allevi.

Peccato, però, che pochi mesi dopo, quando insieme a Celani è arrivato in Comune, quella battaglia era già dimenticata. Per certi versi si può considerare un precursore dello slogan che tanta fortuna sta portando a Salvini, “prima gli italiani”. Infatti, non appena divenuto assessore alla cultura, sostenendo che bisognava puntare solo su manifestazioni che fossero espressione del territorio, in un baleno eliminò eventi come il Festival della Satira, il Festivalbar e il Festival della danza (e a Civitanova ancora ringraziano…) che avevano fatto le fortune delle estati ascolane.

Per non farsi trovare impreparati in questo folle “ritorno al passato”, qualche “genio” del centrosinistra (dove, evidentemente, la mamma di Tafazzi è sempre incinta…) ha subito proposto come candidato sindaco quel Roberto Allevi eletto sindaco 25 anni fa, primo (e per il momento unico) sindaco di centrosinistra del capoluogo piceno. Ma anche uno dei pochi primi cittadini nella storia italiana (da quando c’è questo sistema elettorale per le comunali) che, da sindaco uscente c, alle successive elezioni non è arrivato neppure al ballottaggio, fermandosi sotto la soglia del 30%. Una città ferma e prigioniera del passato, questa è l’inequivocabile immagine del capoluogo piceno che emerge con chiarezza in questi giorni.

Una città che ha perso completamente (o forse non ha mai avuto) la memoria, che ha dimenticato con estrema facilità cosa è accaduto negli ultimi 20 anni, il disastroso stato in cui si trovava nei primi anni del 2000 (non che ora sia molto meglio), come molti degli storici problemi che affliggono il capoluogo piceno abbiano avuto origine proprio in quegli anni.

Basterebbe pensare all’annoso problema dei parcheggi, “regalo” di quella giunta di cui facevano parte sia Celani, sia Antonini, sia Silvestri (e in parte conseguenza anche degli errori della precedente giunta Allevi). Sconfortante, non meno del fatto che questa città e questo territorio non sembrano essere in grado di esprimere, sempre nel panorama politico, volti nuovi, nuova energia. Siamo terribilmente e testardamente legati al passato, anzi ad un passato che non ha certo fatto crescere come si sperava il capoluogo piceno.

A parte quelli citati, anche gli altri nomi che al momento sono in ballo per le prossime elezioni sono comunque espressione del passato. Come Marco Fioravanti, probabilmente il peggiore presidente del Consiglio comunale degli ultimi decenni (al punto da far rimpiangere persino Umberto Trenta), anagraficamente il più giovane (almeno tra quelli citati) tra gli esponenti politici cittadini ma già da tempo pienamente organico a quel “vecchio” gruppo di potere.

Per non parlare di Massimiliano Brugni, assessore prima in Provincia poi al Comune di Ascoli, con delega allo sport e alla pubblica istruzione, due dei settori in maggior difficoltà nel capoluogo piceno. Ironia della sorte in questo contesto così fortemente ancorato al passato, persino quel Movimento 5 Stelle, che è indiscutibilmente la forza politica di più recente costituzione, ha scelto di puntare su un candidato “vintage”, quel Massimo Tamburri già candidato sindaco del M5S nel 2014, con scarsa fortuna (poco meno dell’8% dei consensi).

A metà degli anni ’80, ispirandosi ad una famosa scena del film con Benigni e Troisi “Non ci resta che piangere” (quella alla locanda nella quale Saverio e Mario, rispondendo alla domanda della splendida amazzone Iris Peynado, che chiede loro da quale paese della Spagna provengono, sostengono essere originari del piccolo paese di Ugualos), ironicamente i giovani ascolani avevano rinominato il capoluogo piceno “Ugualos”, proprio per sottolineare il fatto che ad Ascoli passavano gli anni ma tutto restava sempre uguale, così come era.

Oltre 30 anni dopo quell’epiteto è ancora attualissimo e, oggi come allora, ad Ugualos non cambia mai nulla. Soprattutto nel panorama politico cittadino…

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