Cronache di “ordinario” regime…


Pullman bloccati e centinaia di persone che si recavano ad una manifestazione pacifica schedate e perquisite, striscioni sequestrati, tentativo di identificare gli spettatori di un film “scomodo”. Siamo nell’Italia di fine 2018 ma sembra di essere nell’Argentina dei militari…

Decine di pullman diretti ad una manifestazione pacifica bloccati, con centinaia di persone schedate e perquisite. Striscioni di protesta (non offensivi) contro esponenti di governo inspiegabilmente sequestrati. Tentativo di identificare e schedare gli spettatori di un film “scomodo”. Parlare di prove tecniche di regime forse sarà anche eccessivo. Ma che nel nostro paese da un po’ di tempo a questa parte tiri una bruttissima aria è del tutto evidente.

Dopo le elezioni di marzo doveva iniziare la “terza repubblica”, quella dei cittadini. Invece in questi mesi sta accadendo esattamente il contrario, con il moltiplicarsi degli episodi di censura e di repressione del libero pensiero, della libertà di manifestare pacificamente il proprio dissenso che non sono degni di un paese civile e democratico. Nel quale certe limitazioni delle libertà personale, come le perquisizioni e l’identificazione di chi manifesta o anche solamente assiste ad un film, il divieto di esporre striscioni critici o anche la semplice immagine di un ragazzo di 18 anni ucciso senza motivo dalla violenza di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine, non possono essere tollerate e accettate.

Certo conoscevamo bene i toni e gli atteggiamenti da bulletto di periferia dell’attuale ministro degli interni. Che, per altro, ha avuto l’impudenza di regalare un seggio in Parlamento a Tonelli, ex segretario del Sap (sindacato di polizia) e famoso per le sue posizioni di difesa “a prescindere” dei rappresentanti delle forze dell’ordine nei casi Aldrovandi e Cucchi (anche condannato per le offese alle famiglia Cucchi). Però era sinceramente difficile immaginare che si potesse arrivare a tanto, vista anche la presenza nel governo del M5S (che per altro, anche se sembra esattamente il contrario, sarebbe largamente il partito di maggioranza dell’esecutivo).

Certo, nessuno (almeno chi non è accecato dal tifo di parte) aveva realmente creduto che sarebbe iniziata questa nuova, idilliaca “terza repubblica” che avrebbe messo al centro di tutto i cittadini. Ma non si poteva neppure temere una simile deriva, visto che negli anni passati lo stesso M5S si è sempre mostrato molto attento e ha fatto importanti battaglie sulla tutela di determinate libertà personali (almeno fino a che è rimasto all’opposizione).

Le prime preoccupanti avvisaglie si erano già avute nei mesi scorsi. Quando, ad esempio, erano stati fermati a Bolzano e trattenuti senza alcuna ragione per ore tre giornalisti che, guarda il caso, indagavano sulla vicenda dei presunti fondi esteri della Lega. O quando ad Ivrea un gruppo di attivisti di Amnesty International erano stati bloccati e fermati dalla polizia perché avevano esposto uno striscione per la vicenda di Regeni durante un comizio di Salvini. O quando a Siracusa la Digos aveva impedito che venisse esposto uno striscione di protesta contro Salvini (“X sempre in lotta contro Salvini, l’omofobia e tutti i confini”).

Ma negli ultimi giorni c’è stata una preoccupante accelerazione, con episodi da regime di polizia, che fanno venire in mente, neppure troppo vagamente, ciò che accadeva nell’Argentina dei militari. Dove chi partecipava a manifestazioni di protesta contro il governo o anche solo ad eventi culturali “sgraditi” veniva prima schedato e individuato, poi prelevato con forza e fatto sparire (ucciso barbaramente o rinchiuso e torturato in una di quelle strutture divenute nel tempo tragicamente note). Ovviamente, non c’è neppure bisogno di sottolinearlo, che in Italia non c’è certo il pericolo che si arrivi fino a questi livelli.

Ma il video che mostra in che modo aggressivo e arrogante viene messa a tacere e prelevata con forza quella donna che contesta Salvini (fischiando e urlando “ridicolo”, “buffone”) è francamente troppo inquietante. E non meno inquietante e oltremodo grave è quanto accaduto in questi giorni, in particolare in occasione della manifestazione organizzata sabato scorso a Roma contro il decreto sicurezza imposto da Salvini e in occasione della proiezione del film sugli ultimi giorni di Cucchi (“Sulla mia pelle”) in provincia di Reggio Calabria.

Dove giovedì 8 novembre, in una libreria del centro commerciale “Le Gru” di Siderno, mentre era in programma la proiezione del film “Sulla mia pelle” si sono presentati due carabinieri che hanno chiesto l’elenco dei nominativi di coloro che stavano vedendo il film. Che ovviamente la titolare della libreria non aveva semplicemente perché non esiste un elenco con i nominativi degli spettatori (e ci mancherebbe pure…). I due carabinieri non si sono persi d’animo e sono rimasti nei pressi fino al termine della proiezione.

Dire che si tratta di un episodio grave è un eufemismo. Anche perché a rendere la situazione ancor più inaccettabile ci ha pensato il comandante del Gruppo di Locri dei carabinieri che ha parlato di “normale controllo di routine”.  Che vorrebbe dire che sarebbe prassi normale quella di “schedare” coloro che si recano al cinema, magari anche a vedere i film per bambini… E, allora, perché non schedare pure chi va a teatro?

Se possibile ancora più vergognoso e inaccettabile quanto accaduto due giorni dopo, sabato 10 novembre, in occasione della manifestazione a Roma contro il razzismo e contro il decreto sicurezza. Nel colpevole silenzio delle tv (il principale tg della Rai giallo-verde non si è neppure scomodato a spiegare su cosa verteva la manifestazione romana…), il tam-tam delle notizie su quanto stava accadendo si è diffuso attraverso messaggi, telefonate, post, tweet che raccontavano scene degne (o forse sarebbe meglio dire indegne…) dell’Argentina dei militari.

Poi, grazie soprattutto all’opera certosina di raccolta delle informazioni, di alcuni piccoli quotidiani locali e di alcuni siti il quadro, sconcertante, della situazione si è delineato meglio. In pratica decine e decine di pullman diretti a Roma sono stati bloccati, centinaia di persone identificate, schedate, addirittura perquisite, costretti a tira fuori tutto ciò che avevano negli zaini, con le forze dell’ordine che hanno voluto verificare anche il contenuto degli striscioni.

Tutti i manifestanti sono stati fatti scendere, schedati e sottoposti ad una perquisizione corporale, dei bagagli con un controllo certosino anche di bandiere e striscioni – si legge in una nota del coordinamento dei manifestanti di Spezia e Massa – quanto accaduto rappresenta un fatto molto grave, una limitazione delle libertà democratiche e costituzionali ingiustificata e inaccettabile, una vera intimidazione che nulla ha a che fare con la sicurezza”.

Ancora più inquietante il fatto che l’obiettivo di quella manifestazione pacifica di protesta era proprio un provvedimento del ministero degli interni a cui, guarda il caso, fanno capo le forze dell’ordine. Detto che è assolutamente inaccettabile che accada una cosa del genere, tipica dei peggiori regimi totalitari, in un paese democratico e civile (o quanto meno che dovrebbe essere tale), è fondamentale che il Viminale spieghi immediatamente da chi sia partito l’ordine.

In altre parole, è quanto mai urgente sapere se si sia trattato di qualcosa autonomamente deciso dalle forze dell’ordine o se sono arrivati ordini dall’alto, dal ministero stesso. In un caso o nell’altro sarebbe comunque un fatto gravissimo. Perché se si tratta di un’iniziativa autonoma delle forze dell’ordine devono immediatamente essere presi provvedimenti nei confronti di chi l’ha pensata e autorizzata.

Se invece si tratta di ordini arrivati dall’altro allora il ministro degli interni Salvini non dovrebbe restare un minuto in più al Viminale. Dal ministero, però, tutto tace in un colpevole e imbarazzante silenzio. Che si aggiunge a quello, di certo non meno imbarazzante, degli alleati di governo e della maggior parte dei media italiani.

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