Flop rimpatri, smascherato il bluff di Salvini


Mentre il sottosegretario leghista Giorgetti ammette che, sul rapido rimpatrio di 500 mila immigrati irregolari, Salvini in campagna elettorale “l’ha sparata grossa”, i dati ufficiali dimostrano che da quando il leader leghista è al Viminale è crollato il numero di rimpatri

Non ce ne sarebbe stato neppure bisogno, almeno per chi, non offuscato dal tifo di parte, non si è lasciato “imbambolare”. Però nei giorni scorsi era arrivata l’inequivocabile conferma da parte sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Che, a proposito della promessa di rimpatriare 500 mila immigrati irregolari (fatta da Salvini in campagna elettorale), ha dichiarato senza mezzi termini: “l’ha sparata grossa!

Gli “incapaci”, i “pallonari” e i “boccaloni”

Mancano soldi, aerei e gli accordi con gli Stati – ha aggiunto il numero due della Lega – era chiaro che non poteva essere attendibile quella promessa, Salvini l’ha sparata grossa e ha fatto centro”. Un tardivo ed inutile “rigurgito” di sincerità da parte di Giorgetti che, pure, a pochi giorni dalle elezioni di marzo era sul palco a Monza mentre il candidato alla presidenza della Regione Lombardia Fontana e il segretario della Lega in Lombardia Grimoldi sbeffeggiavano Renzi e Gori (candidato alla presidenza della Regione Lombardia) che continuavano a sostenere che quella di Salvini era chiaramente una promessa irrealizzabile.

Renzi e Gori sono degli incapaci, per questo sostengono che è impossibile – accusava Grimoldi – espellere 600 mila immigrati clandestini dall’Italia, come promesso da Salvini e da Berlusconi, è un obiettivo reale e concreto che realizzeremo anche in tempi rapidi. Si può fare, basta volerlo”.

Giorgetti alle spalle applaudiva convinto, troppo comodo e troppo facile dire il contrario ora che anche gli ultras accecati e i “boccaloni” che avevano creduto a quella evidente “sparata” si sono dovuti arrendere all’evidenza (anche se non manca chi ancora rifiuta addirittura di credere alla realtà).

D’altra parte già nel famoso contratto di governo approvato da Lega e M5S il rimpatrio immediato e rapido di 500 mila (questo è dato riportato nel contratto stesso) immigrati, come promesso da Salvini, è scomparso per lasciare spazio ad una indefinita e vuota affermazione che si limita a riproporre quello che è in realtà già esiste (ma non viene poi correttamente applicato da chi di dovere).

Ai fini dell’espletamento delle procedure e dell’effettivo rimpatrio – si legge nel contratto – il trattenimento deve essere disposto per tutto il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito in un tempo massimo complessivo di diciotto mesi, in armonia con le disposizioni comunitarie”. Tutto come previsto, almeno da chi non si lascia così facilmente “abbindolare”, o quasi.

Con Salvini al Viminale rimpatri con il “contagocce”

Nel senso che se era scontato prevedere che quella di Salvini era una promessa irrealizzabile, fatta solo a scopi elettorali, non era facile immaginare che, addirittura, con il nuovo governo la situazione per quanto riguarda i rimpatri peggiorasse sensibilmente. Nel senso che, a dispetto della “sparata” del leader leghista, i rimpatri da quando è al Viminale sono drasticamente e clamorosamente diminuiti.

A rendere più eclatante un dato che, alla luce dei proclami elettorali di Salvini, ha già del clamoroso, è il fatto che fino alla sua nomina a ministro degli interni, i rimpatri nel corso del 2018 erano sensibilmente aumentati (del 16%). Dal 1 gennaio al 31 maggio, infatti, sono stati rimpatriati 2.969 immigrati clandestini rispetto ai 2.546 dell’anno precedente. Pur nella piena consapevolezza (“boccaloni” a parte) che quelli urlati in campagna elettorale fossero solamente irrealizzabili spot e non certo promesse realizzabili, la convenzione generale era che con Salvini al Viminale quanto meno ci sarebbe stata una decisa accelerata nei rimpatri.

Invece è avvenuto l’esatto contrario, un vero e proprio crollo al punto che ora complessivamente, rispetto all’anno passato, il dato è in negativo (4.585 rispetto ai 4.606 del 2017). I dati (del ministero) ci dicono, infatti che dall’arrivo del leader leghista al Viminale sono stati rimpatriati 1.616 immigrati irregolari rispetto ai 2060 dello stesso periodo dello scorso anno, con una diminuzione addirittura del 22%.

Altro che “tempi rapidi” come millantavano i leader leghisti sul palco di Monza, di questo passo diventerebbe sin troppo ottimistica persino la previsione di chi, con realismo, in campagna elettorale sosteneva che per rimpatriare i 600 mila immigrati irregolari servirebbero almeno 70-80 anni. Questo prima che arrivasse Salvini, perché ora che c’è il leader del Carroccio siamo passati ad oltre 120.

Le improbabili giustificazione e la “figuraccia” del Viminale

Nel disperato e abbastanza patetico tentativo di giustificare il clamoroso fallimento (almeno rispetto alle trionfalistiche promesse), il Viminale parla di problemi imprevisti che si sarebbero verificati negli ultimi tempi. Ma, poi, a supporto di questa tesi cita solo i 45 tunisini che dovevano partire martedì scorso e che invece sono rimasti in Italia perché non è arrivata l’autorizzazione dalla Tunisia.

Tutto ampiamente previsto e prevedibile, almeno per chi ha la premura di informarsi correttamente sulla reale situazione prima di parlare e promettere. A rendere il tutto ancora più paradossale, ben oltre la farsa, quanto accaduto il 17 settembre scorso. Giorno in cui il ministero degli interni aveva organizzato quello che doveva essere una sorta di grande spot a supporto dell’immagine “muscolare” del titolare del Viminale, cioè il rimpatrio da Fiumicino di 15 (avete letto bene, quindici…) tunisini.

Operazione per la quale si erano mobilitati oltre 100 poliziotti (praticamente 7 poliziotti per ogni tunisino) e che è miseramente naufragata (per altro tra le proteste dei sindacati di polizia che hanno duramente contestato l’utilizzo di un simile numero di agenti per un’operazione quasi esclusivamente di immagine) perché l’aereo che doveva riportare i 15 in Tunisia era guasto.

Un’imbarazzante farsa che, per certi versi, è lo specchio fedele dell’imbarazzante commedia che da qualche mese è in atto su questo delicato tema.

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