Prove tecniche di “regime”


In attesa della “terza repubblica”, la cronaca di questi giorni ci racconta episodi di “ordinario regime”. Come il sequestro del sito di informazione Butac in seguito ad una querela per un articolo di 3 anni fa e il daspo ad 8 tifosi perugini “rei” di aver contestato Erdogan

Ci avevano illuso che eravamo entrati nella terza repubblica, quella in cui al centro di tutto dovrebbero esserci i cittadini (almeno così dicono…). Ci ritroviamo invece a fare i conti con qualcosa che assomiglia terribilmente ad un regime (di quelli peggiori), dove i semplici cittadini non sono neppure liberi di esprimere le proprie opinioni o, tanto meno, di protestare, mentre pochi privilegiati si fanno beffe di ogni regola del vivere civile.

La mattina del 5 marzo, il giorno dopo le storiche elezioni politiche che hanno sconvolto il panorama politico italiano, ci eravamo svegliati con il proclama del leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, nelle orecchie: “oggi è iniziata la terza repubblica, quella dei cittadini”. Parole dolci come il miele, al di là delle legittime differenti opinioni e simpatie politiche di ciascuno, perché l’idea di una “repubblica” che finalmente mette al centro le esigenze e i diritti di tutti i cittadini non può che essere piacevole per chiunque. Esattamente un mese dopo l’agognata “terza repubblica”, per una serie di svariate ragioni, non è per nulla partita e, giorno dopo giorno, cresce il sospetto che non partirà mai.

Di contro nelle ultime ore e negli ultimi giorni assistiamo con preoccupante frequenza a scene di “ordinario regime”, inteso nella sua accezione più negativa di controllo serrato, censura e repressione da parte di alcuni apparati dello Stato nei confronti dei cittadini. Di contro agli appartenenti ad una ristretta e privilegiata casta viene liberamente concesso di tutto, in sfregio ad ogni regola del vivere civile e del buon senso. A leggere le cronache di questi giorni si fatica a pensare che siamo davvero nell’anno di grazia 2018, in un paese in cui vige una democrazia, sono garantite e tutelate le libertà civili e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.

Perché in un paese simile non potrebbe e non dovrebbe mai accadere che un sito informativo venga chiuso e posto sotto sequestro di fronte ad una semplice querela, per giunta per un articolo di tre anni fa. O che un gruppo di persone venga privato della propria libertà solo per aver osato esporre in un luogo pubblico (un palazzetto dello sport) uno striscione in cui si contesta un leader straniero (Erdogan). Il tutto nelle stesse ore in cui il presidente della Repubblica, nello svolgimento di una delle sue funzioni costituzionalmente più importanti (le consultazioni per affidare l’incarico per formare il nuovo governo),  concede l’onore di essere ricevuto ad un politico condannato in via definitiva per frode fiscale e per questa ragione incandidabile ed interdetto dai pubblici uffici fino al 2019.

E’ ancora in vigore l’art. 21 della Costituzione?

Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Chissà, probabilmente ci siamo distratti e non ci siamo accorti che qualcuno ha cancellato uno degli articoli più importanti della nostra Costituzione, l’articolo 21 che tutela la libertà di espressione e la libertà di stampa. Perché se quell’articolo fosse ancora in vigore non sarebbe in alcun modo possibile e in alcun modo accettabile quello che è accaduto al sito “Butac – Bufale un tanto al chilo” che si occupa di smascherare le tante bufale che girano sul web e sui social. La procura di Bologna, su richiesta della procura di Brindisi, ha posto sequestro e ha deciso di oscurare il sito in seguito ad una querela per un articolo pubblicato circa 3 anni fa. Sarebbe quasi una cosa comica e la dimostrazione di come la nostra giustizia non sia una cosa seria, se non fossimo di fronte ad un fatto di una gravità inaudita.

Un provvedimento di “sequestro preventivo” a 3 anni dalla pubblicazione dell’articolo incriminato sembra un pesce di aprile, una barzelletta. Invece è tutto terribilmente vero e c’è poco da sorridere perché come ha giustamente sottolineato Enrico Mentana siamo di fronte ad una “misura grave da censura fascista”. Detto che già semplicemente l’oscurare o chiudere un mezzo d’informazione è un atto inqualificabile e inaccettabile in un paese democratico e di una gravità infinita, a rendere il tutto ancora più sconcertante ci sono alcuni aspetti di certo non secondari. Innanzitutto il fatto che un simile provvedimento viene preso non in seguito ad una condanna, ad una sentenza passata in giudicato da parte di un Tribunale.

Ma, addirittura, a procedimento in corso, di fronte semplicemente ad una querela presentata da chi (un medico che promuove terapie oncologiche olistiche) ha ritenuto diffamatorio l’articolo in questione. Detto che un tale provvedimento non sarebbe giustificato neppure di fronte ad una condanna definitiva (la legge prevede delle pene che vanno fino ad un massimo di 3 anni di reclusione e/o la possibilità di rivalersi in sede civile), che ciò possa avvenire a fronte di una semplice querela (che è un atto di parte) è fuori dal mondo. A ciò si aggiunge il fatto che il medico che ha presentato querela è un consulente di quella Procura di Brindisi che ha chiesto (ed ottenuto) alla Procura di Bologna un simile spaventoso provvedimento. E, come diceva sempre Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”…

Nessuno tocchi Erdogan

Al di là di ogni altra considerazione che si può fare (colpisce, tra l’altro, il fatto che una simile vergogna sia passata quasi sotto silenzio, in particolare nessuno dei politici che a parole si definiscono “paladini” della libertà di espressione hanno proferito verbo…), siamo di fronte ad un fatto di una gravità estrema, indegno per un paese civile. Dove una simile “follia” non può essere accettata e tollerata. In altre parole, ogni ora e ogni giorno in più che qui sito resterà oscurato sarà un ulteriore schiaffo alla credibilità del nostro paese. Il problema, però, è che quanto sta accadendo a Butac in un certo senso non può essere definito un caso isolato. In un altro ambito, in un contesto e per vicende di altro tipo, sempre in queste ore abbiamo assistito ad un’altra folle decisione che farebbe pensare che l’art. 21 della Costituzione sia stato abolito. Il 21 marzo scorso al Pala Evangelisti di Perugia, in occasione della partita di Champions League di pallavolo tra la Sir Safety Perugia e la squadra turca dell’Halkbank Ankara, un gruppo di 8 tifosi perugini avevano esposto uno striscione contro il presidente della Turchia Erdogan.

Pochi secondi, poi lo striscione era stata sequestrato dalle forze dell’ordine, senza che il gruppo di tifosi facesse resistenza. Ieri (venerdì 6 aprile) la Questura di Perugia ha disposto per quegli 8 tifosi il cosiddetto daspo (divieto di partecipare alle manifestazioni sportive) con una motivazione surreale: “istigazione alla violenza”. Se non siamo alle “purghe” di antica memoria poco ci manca, anche solo un semplice gesto di protesta può costare caro, addirittura la limitazione della propria libertà. In realtà non siamo neppure di fronte a qualcosa di nuovo, nelle settimane scorse abbiamo più volte raccontato le incredibili vicende legate all’esposizione in alcuni stadi della bandiera con l’immagine e di striscioni in ricordo di Federico Aldrovandi (il ragazzo di Ferrara ucciso da 4 poliziotti).

Un condannato al Quirinale

Dunque le cronache di questi giorni evidenziano come nel nostro paese è vietato contestare e la libertà di stampa di fatto è come se non esistesse. Di contro, però, è consentito ed è considerato quasi normale che un pregiudicato, un condannato con sentenza passata in giudicato venga ricevuto e sieda tranquillamente nei divani del Quirinale a colloquiare e discutere con il presidente della Repubblica. E non per una visita privata ma in un solenne e fondamentale appuntamento istituzionale. Come ha giustamente sottolineato Massimo Fini è sconcertante che Silvio Berlusconi sia stato ricevuto dal presidente della Repubblica Mattarella per le consultazioni “sia sul piano politico che sul piano etico perché è assurdo che il supremo garante delle Istituzioni riceva al Quirinale un soggetto che è stato estromesso, per indegnità, dal Parlamento, che è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per il reato di frode fiscale, Cassazione che ha definito l’ex cavaliere un delinquente naturale”.

C’è poco da aggiungere, se non che non ci si può neppure appigliare al fatto che Berlusconi e la sua parte politica hanno sempre contestato e ritenuta ingiusta quella sentenza. In uno Stato di diritto le sentenze definitive si possono certamente discutere e contestare ma vanno applicate, sotto ogni punto di vista. E da tutti i cittadini, anzi, a maggior ragione da chi riveste o ha rivestito determinati ruoli istituzionali. Perché in caso contrario allora poi bisognerebbe considerare legittimo che quegli 8 tifosi perugini continuino tranquillamente ad assistere alle partite della propria squadra, ritenendo (a ragione) ingiusto ingiustificato il daspo.

E, a maggior ragione, che Butac se ne infischi di un provvedimento cosi gravemente liberticida e continui tranquillamente a pubblicare, nonostante il sequestro disposto dalla Procura. Per concludere, se dovessimo fare, con una sintesi giornalistica, il riassunto di quanto è avvenuto in questi giorni, dovremmo dire raccontare di come in questo paese i cittadini semplici e i mezzi di informazione siano sottoposti alle forme più becere di controllo e di censura, mentre ai nostri politici è praticamente consentito di tutto. Altro che terza repubblica…

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