Accordo con Fazio, un affare da oltre 130 milioni per la Rai


Il rinnovo  del contratto di Fabio Fazio, a 2,8 milioni di euro all’anno, scatena una pioggia di polemiche contro viale Mazzini. Ma andando a spulciare i dati sui costi e sugli introiti del programma emerge con chiarezza come per la Rai si tratti di un vero e proprio affare…

Conoscete qualche azienda privata che sarebbe disposta, in nome di non si sa quale misterioso principio, a rinunciare ad un utile netto di oltre 130 milioni di euro all’anno? Sicuramente no, al momento non credo che ne esistano. Però una potrebbe presto esserci se i vertici di quell’azienda, in questo caso però pubblica e non privata, ascoltassero le proteste del sempre competente popolo dei social o le dichiarazioni propagandistiche di qualche polituncolo di bassa lega o, anche, se si facessero intimorire dalle “strampalate” battaglie di qualche associazione che dovrebbe tutelare i cittadini e i consumatori.

Se non avete ancora capito stiamo parlando della Rai e della vicenda legata al rinnovo del contratto di Fabio Fazio, alla “modica” cifra di 2,8 milioni di euro all’anno (per 4 anni). Uno scandalo, secondo una parte del popolo dei social che, come avviene sempre in queste situazioni, si è lanciata nell’opera di linciaggio nei confronti del conduttore con i soliti toni violenti ed esacerbati, tra insulti, improperi e anatemi di ogni tipo, conditi dalle immancabili affermazioni demagogiche (“è una vergogna, c’è chi muore di fame e lo Stato regala i soldi ad un conduttore Rai”, “è uno scandalo, con i nostri soldi pagano questi stipendi d’oro”) prive di reale contenuto, assolutamente fuori luogo ma che tanto servono a sobillare gli animi.

Se non avessimo chiuso l’accordo subito Fazio avrebbe firmato  per un’altra azienda. Se non l’avessimo fatto avremmo potuto rispondere per un danno all’azienda” ha spiegato il consigliere Rai Arturo Diaconale. “Non so se la Rai avrebbe retto senza di lui, Fazio ha salvato 13 mila posti di lavoro” ha aggiunto il presidente della Rai Mariolina Maggioni. Naturalmente, soprattutto tra gli esponenti politici, in pochi si sono chiesti cosa mai stesse dicendo la Maggioni, se quelle giustificazioni avessero un minino di senso. Troppo importante e assolutamente necessario accodarsi alla massa urlante piuttosto che provare a ragionare in concreto sulla vicenda.

Così, da destra a sinistra, è partita la solita indecente “sarabanda”, una sorta di gara a chi alza più i toni e, soprattutto, a chi si dimostra più superficiale e demagogico. Nel diluvio di dichiarazioni e prese di posizioni, una citazione meritano Salvini, Fico e Anzaldi. Al leader della Lega spetta l’oscar della demagogia, con l’evergreen “per me è una vergogna, poi chiedono il canone a disoccupati e pensionati”. Al deputato del Movimento 5 Stelle va, invece, il premio per la battuta più scontata e per nulla originale, “uno scandalo, Fazio è il classico comunista col cuore a sinistra e il portafogli a destra”, già molto in voga negli anni ’80.

Entrambi, però, sono stati superati dall’esponente del Pd Anzaldi che, dopo aver dispensato populismo e demagogia a piene mani su facebook (“il contratto di Fazio è uno schiaffo agli italiani che fanno sacrifici e alla povertà”), da vero “uomo del fare” è subito passato ai fatti, con un bell’esposto alla Corte dei Conti e all’Anac.

Naturalmente non poteva mancare l’intervento del Codacons, l’associazione a tutela dei consumatori impegnata in questo periodo a collezionare “figuracce” in serie (clamorosa quella sui vaccini), che dopo aver annunciato che “la vergogna tutta italiana avvenuta con Fazio non deve ripetersi più” e che la Rai deve far firmare all’artista “un patto di non concorrenza quinquennale (con il quale si impegna a non lavorare su altre reti televisivi per almeno 5 anni alla scadenza del contratto con la rete di Stato) per impedire che possa sfruttare la tv di Stato per ottenere notorietà”, ha presentato alla Procura di Roma la richiesta di sequestro del contratto tra Rai e Fazio.

E’ proprio vero che all’ignoranza (nel senso di mancanza di conoscenza) non c’è limite, siamo oltre ogni limite del paradosso, del ridicolo. Premesso che chi scrive da anni non vede un programma di Fazio, è giusto riportare la vicenda nel suo vero contesto e nei suoi veri ambiti. E che vede Fazio non certo come un costo per la Rai ma, anzi, come una risorsa fondamentale, magari non nei termini in cui ne parla la Maggioni, ma assolutamente imperdibile per viale Mazzini. Che con lui perderebbe non meno di 130 milioni di euro all’anno, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare (anche in termini di posti di lavoro) per la tv di Stato.

Partiamo innanzitutto dal fatto che, a differenza di quanto credono i soliti disinformati del web (e con loro diversi esponenti politici), Fabio Fazio non è un dipendente Rai ma un libero professionista.  Che può firmare e legarsi a chi vuole e che, come tutti i professionisti, ha tutto il diritto di ottenere dalla sua attività il massimo profitto e, quindi, farsi pagare quanto vuole. Ed è sin troppo chiaro che, partendo da questo presupposto, la proposta avanzata dal Codacons è del tutto improponibile.

Perché solo un’idiota, per giunta se in possesso di numeri come quelli di Fazio, accetterebbe una clausola che, di fatto, non gli consentirebbe di lavorare in altra azienda che non sia la Rai, con l’inevitabile conseguenza che, poi, non avrebbe alcuna possibilità di contrattare un accordo per lui vantaggioso. Cosa che, invece, è avvenuta in questo caso, anche se poi alla fine la scelta è comunque caduta sulla Rai e non su altre reti che (non è certo un mistero) gli offrivano un contratto economicamente molto più vantaggioso. Allo stesso modo non è affatto vero che siamo noi cittadini, con il canone, a pagare il mega stipendio di Fazio.

Chiunque ha anche solo una vaga conoscenza di come funzionino le cose, sa perfettamente che sono gli sponsor del programma a pagare (ampiamente) lo stipendio del conduttore di “Che tempo che fa”. Chi non capisce il concetto evidentemente è rimasto agli anni ’60-’70 (nella migliore delle ipotesi), quando forse il canone e i soldi pubblici finanziavano in grandissima parte la Rai. Oggi sappiamo bene che anche la tv di Stato si regge se non esclusivamente in buona parte con le entrate degli sponsor. E, chi conosce un po’ il settore, sa anche che i programmi più visti (e quindi quelli che portano più sponsor), con i loro introiti pubblicitari permettono anche di coprire le spese per i alcuni programmi (per la verità sempre meno) istituzionali, doverosi per la tv di Stato ma che non portano sponsor.

Tornando a Fazio e al suo stipendio, il discorso va fatto sulla base del costo che l’artista rappresenta per la Rai rapportato agli introiti che garantisce con il suo programma. Che, lo dicono i dati ufficiali, è il più visto di Raitre, con quasi 3 milioni di spettatori di media. Non solo, prendendo a riferimento il periodo che va da settembre a giugno (l’arco di tempo in cui va onda, la domenica sera, “Che tempo che fa”), il programma di Fazio è presente 8 volte nella classifica dei 10 ascolti più alti ottenuti da Rai tre e ben 17 tra i primi 20. Già questi numeri sarebbero sufficienti per far capire.

Ma traducendo questi numeri in euro la situazione diventa chiara anche per i più ottusi. Ogni puntata di “Che tempo che fa” costa 450 mila euro. Non si capisce se in quella cifra è compreso, ovviamente spalmato per il numero di puntate, anche lo stipendio di Fazio. Ma anche ipotizzando che non sia compreso, moltiplicando quella cifra per le 64 puntate del programma e aggiungendoci lo stipendio del conduttore emerge che, complessivamente, un anno di “Che tempo che fa” costa 31 milioni di euro alla Rai.

Andiamo ora a valutare quale sia l’incasso, a fronte di un simile costo. Spulciando i listini dei costi delle pubblicità Rai, emerge che, per quanto riguarda “Che tempo che fa”, sono previste tre differenti tariffe (in base all’orario in cui viene mandato lo spot ma anche alla concomitanza o meno con la presenza degli ospiti) per uno spot di 15 mesi. Inizialmente le tariffe ammontavano rispettivamente a 29.520 , 43.920 e 53.280 a spot. Poi ad aprile le tariffe sono passate rispettivamente a 28.800, 48.240 e 61.920 euro a spot.

Considerando che ogni puntata ha complessivamente 16 minuti di pubblicità, tenendoci su una media prudente (probabilmente troppo bassa, ma è solo per capire) di 40 mila euro a spot, questo vuole dire che per ogni serata che è in onda il programma di Fazio produce per la Rai un incasso di oltre 2,5 milioni di euro (2.560.000 euro per l’esattezza). Che, per 64 puntate, porta all’astronomica cifra di oltre 163 milioni di euro (163.840.000 euro), con utile al netto dei costi di almeno 132 milioni di euro.

Non bisogna certo essere dei geni, di fronte ad un simile dato, per comprendere che è oltremodo riduttivo sostenere che lo stipendio di Fazio è ampiamente pagato dagli sponsor del suo programma. Ed è altrettanto evidente che chiedere alla Rai di non rinnovare il contratto di Fazio (anche e soprattutto a quelle condizioni) significa chiedere alla tv di Stato di gettare al vento almeno 130 milioni di euro (che, nei prossimi anni, potremmo ulteriormente lievitare se è vero che Fazio passerà a Raiuno e che condurrà un altro programma) , con tutto quello che ciò comporterebbe per le casse e per l’occupazione in viale Mazzini. Allora torniamo dalla domanda da cui siamo partiti, c’è qualcuno  che potrebbe mai ritenere sensato, per chissà quale ragione, che un’azienda rinunci ad un simile guadagno?  Se c’è saremmo proprio curiosi di conoscerlo…

 

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